Il Tricolore, simbolo dell’ Italia unitaria, oggetto di polemiche. La Lega vuole bandiere e inni regionali

 L’ articolo 12 della Costituzione, immutato e indiscusso dal 1948, recita: “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso”. Ma alla Lega non basta più, vuole le bandiere regionali e anche gli inni. Bisognerebbe aggiungere, secondo la proposta di legge del capogruppo al Senato Federico Bricolo, le parole: “Ciascuna regione ha come simboli la bandiera e l’ inno”. I vessilli regionali sarebbero così equiparati al tricolore. Mentre gli inni lombardo, toscano o campano, supererebbero per rango l’ inno di Mameli, che non è citato dalla Costituzione e cui pure la Lega ha sempre preferito il “Va pensiero” di Giuseppe Verdi.

Questa iniziativa del Carroccio, che risale al luglio 2008, ma che oggi è stata segnalata dall’ ufficio stampa della Lega al Senato, solleva le aspre polemiche non solo dell’ opposizione, ma anche di alcuni esponenti della maggioranza. Nonostante il tentativo di Bricolo di stopparle sul nascere: “Non è una proposta di legge che va contro qualcosa o qualcuno – sottolinea – ma chiede il riconoscimento delle bandiere e degli inni regionali per valorizzare simboli identitari che sono ricchezza per tutti”.

Il progetto di legge, spiegano i senatori della Lega, è coerente con la riforma federalista. Per di più, non si tratta di una proposta nordista, ma riguarderebbe tutte le Regioni. “Voglio ricordare ai tanti sepolcri imbiancati che credono che la realtà nazionale debba essere un museo – aggiunge il ministro per le Politiche agricole Luca Zaia – che invece la gente e le culture si modificano”. Ma il messaggio del Carroccio viene capito solo dal movimento autonomista siciliano di Raffaele Lombardo. Il capogruppo alla Camera Carmelo Lo Monte dice che l’ Mpa è d’ accordo con quella che non esita a definire “una felice intuizione”.

Berlusconi in una conferenza stampa a Palazzo Chigi: “L’Italia è prima nella ripresa, la Rai non mi può attaccare”

 Il presidente del Consiglio, nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi, garantisce che l’ Italia sta lavorando al massimo per uscire dalla crisi e attacca la tv di Stato che, dice, “attacca il governo con i soldi di tutti. Siamo maggioranza, non vogliamo fare quello che ha fatto la sinistra quando era al Governo e la Rai continuava ad attaccare l’ allora opposizione. C’ è una sinistra che attacca l’ avversario, e una maggioranza democratica che non attacca la sinistra. Il mandato che vorrei per la Rai è che faccia il servizio pubblico”.

La risposta, a strettissimo giro di posta, arriva dal Pd. Nel “nostro paese abbiamo un baluardo di libertà, di pluralismo e di informazione credibile” dice Merlo in una nota. “Se i Tg della Rai, tutti compresi, devono obbligatoriamente tessere l’ elogio del governo e di chi sta in maggioranza, cessano le ragioni dell’ esistenza stessa”.

Ma il Berlusconi attacca anche Paolo Guzzanti, che aveva parlato di intercettazioni piccanti. “È infondato e vergognoso: non ci sono mai state telefonate, né intercettazioni, come può dimostrare la magistratura, c’ è solo la vergogna per chi mette in circolo certe cose». E sull’ intervista della figlia Barbara, che auspica più sobrietà per la politica, dice: “Suo papà non ha nulla di cui vergognarsi e di cui scusarsi, nemmeno con i propri familiari”.

Berlusconi nega che il Pdl abbia bisogno di un cambio ai vertici e promuove il primo anno del governo: “La maggioranza è coesa e forte. Il governo sarà un governo forte che durerà per i prossimi quattro anni. C’ è chi ha cercato di metterci in difficoltà, ma il presidente del Consiglio non ha scheletri nell’ armadio, non è ricattabile da nessuno e non si lascia demoralizzare da nessuno e da nulla”.

Afghanistan. Umberto Bossi: “Serve riflettere sul ritiro dei soldati. Ma mi adeguo”

 A Palazzo Madama nessuna presa di posizione ufficiale dal gruppo della Lega. Trapela però una considerazione semplice: dopo il via libera della Camera non c’ è ragione di non ripetere la stessa posizione anche al Senato. In realtà in mezzo alle due votazioni altri scontri sul campo hanno reso ancora più fragile la situazione dei militari italiani e la proposta di ritiro avanzata prima da Umberto Bossi e poi anche da Roberto Calderoli, che pure non hanno messo in discussione la lealtà della Lega alle decisioni della maggioranza.

Il leader della Lega resta convinto che serva riflettere sul far tornare indietro i soldati dall’ Afghanistan, ma assicura che farà quello che decide la maggioranza. La missione costa moltissimo, sta iniziando a fare troppi morti, e non è così facile portare la democrazia. Berlusconi ci crede, ma è un idealista. Quella del ministro delle Riforme Umberto Bossi sull’ Afghanistan è stata solo una battuta fatta così, dice Silvio Berlusconi, che parlando a Montecitorio ha escluso la possibilità che la missione italiana in Afghanistan cambi.

“Non si cambia assolutamente linea per quanto riguarda la missione italiana in Afghanistan. Capisco che in estate bisogna riempire i giornali, ma questa polemica è aria fritta”. Per il presidente del Consiglio quella di Bossi è stata una battuta e non bisogna fare polemiche sul nulla: “Le missioni sono state votate all’ unanimità”, conclude.

Afghanistan, un nuovo handicap del governo. Umberto Bossi: “Sarebbe opportuno tornare a casa”

 E quindi, mentre la Lega chiede il ritiro delle truppe, il Pdl parla di una presenza “irrinunciabile” dei soldati italiani a Kabul. Calderoli chiede di ragionare sulla missione in Afghanistan, pur andando avanti fino in fondo, e di lasciare Libano e Balcani.

“Sull’ Afghanistan – dice il ministro – la stragrande maggioranza degli italiani la pensa come Bossi. Prima o poi il mondo occidentale dovrà fare autocritica perchè la democrazia non si esporta e non si impone». In un’ intervista a Repubblica, l’ esponente leghista ammette di essere stato un tempo interventista, ma di avere fatto poi il mea culpa.

Arriva con La Russa la risposta del Pdl. “La presenza dei nostri militari in Afghanistan è imprescindibile. Lasceremo il Paese solo quando saranno garantite le condizioni di sicurezza, dice il ministro della Difesa. Il governo non pensa né può pensare al ritiro della missione. E le parole di un ministro di peso come Umberto Bossi (io li porterei a casa tutti) sono state dettate da uno slancio affettivo, un sentimento paterno”.

Frattini sottolinea come in Afghanistan servono elezioni credibili, e quindi con una reale partecipazione del popolo afghano. Quanto alla situazione nel Paese, il ministro ha aggiunto che “è noto che i nemici della democrazia cercheranno di colpire maggiormente durante il periodo di preparazione del voto. Tuttavia, continueremo a lavorare in Afghanistan per la sicurezza anche dell’ Italia e di Calderoli”.

Ma le affermazioni del leader della Lega e di Calderoli mettono in difficoltà il governo. Sia perché per la prima volta mostrano possibilità di spaccature sulle missioni militari all’ estero, sia perchè scoprono il fianco all’ opposizione: il Partito democratico invoca sicurezza per i militari e l’ Italia dei valori chiede di ridiscutere in Parlamento il senso della missione.

Verso il congresso Pd. Pierluigi Bersani traccia le linee della sua politica basata su “Alleanze, territorio e rinnovamento”

 Pierluigi Bersani, illustrando la sua mozione congressuale, ribadisce la sua fede nel progetto del Pd anche se sottolinea la necessità di ridefinire la rotta, a partire dalla identità del partito, dalla forma – partito e dalle alleanze.

“Questo è un grandissimo progetto, mi ci metto dentro mani e piedi ma indietro non si torna. So che ci sono dubbiosi ma il senso c’ è e resta valido, basta correggere un po’ di cose”. Il candidato segretario ricorda inoltre che “le primarie restano uno strumento valido ma penso vadano corrette perchè non vorrei che un naziskin si candidasse”.

Bersani insiste anche sulla necessità del radicamento sul territorio, polemizza con la scelta fatta da Dario Franceschini di candidare europarlamentari alle segreterie regionali e sul rapporto tra elettori ed iscritti, evidenzia come “sia un errore contrapporre elettori ed iscritti, chiamare gli elettori alle primarie e poi abbandonarli dando poi troppo potere agli iscritti nei processi di scelta”.

Nuove registrazioni D’ Addario – Berlusconi. Polemica sulla violazione degli atti segreti di indagine

 Seconda puntata delle registrazioni D’ Addario – Berlusconi. Sul sito dell’ Espresso sono infatti state pubblicati altri quattro audio realizzati, si legge, «dalla escort sugli incontri con Berlusconi a Palazzo Grazioli”. In particolare, tre sarebbero conversazioni tra la donna barese e il presidente del Consiglio, relativi a incontri di metà ottobre e alla mattina del 5 novembre 2008. Un’ altra registrazione, invece, avrebbe come protagonisti la stessa D’ Addario e Giampaolo Tarantini.

Sullo sfondo intanto infuria la polemica sulla violazione degli atti segreti di indagine. La procura di Bari si difende. Il procuratore Marzano fa sapere che si tratta di materiale informatico che Patrizia D’ Addario ha consegnato, a seguito delle dichiarazioni rese al pubblico ministero ed alla polizia giudiziaria.

Materiale ritualmente acquisito e adeguatamente custodito in plichi sigillati collocati in una cassaforte blindata di questo ufficio. “La pubblicazione – sostiene il procuratore – di conversazioni asseritamente registrate non è pertanto riferibile in modo alcuno agli uffici di Procura, che non hanno ancora proceduto all’ apertura dei plichi sigillati, all’ ascolto ed alla riproduzione del contenuto del suddetto materiale”.

S’ infiamma anche lo scontro politico. Il Pd attacca Berlusconi sostenendo che “la versione dei fatti data dal premier è stata smentita di nuovo da questi nastri” e pertanto il premier “adesso avrebbe l’ elementare dovere di chiarire davanti all’ opinione pubblica senza esagerare con le polemiche verso i giornali che fanno solo il loro lavoro” spiega Gentiloni.

Beppe Grillo non potrà iscriversi al Pd

 Nel Pd prosegue la corsa precongressuale e mentre il segretario Dario Franceschini e il secondo candidato Pierluigi Bersani preparano i loro appuntamenti di giovedì e venerdì, tiene banco la vicenda Grillo. Il comico genovese, infatti, non molla: annuncia che proverà a prendere la tessera a Nervi, dove risiede, per potersi aggiungere ai primi due e a Ignazio Marino per la corsa alla poltrona di numero uno del Partito democratico.

Anche se in serata arriva il no ufficiale della commissione di garanzia che all’ unanimità ha deciso la non iscrivibilità di Grillo. Franceschini, che oggi alla Camera ha evitato di parlare del caso specifico, lasciando che a fare testo fosse la battuta pubblicata nell’ intervista a Il Foglio (Ci mancava solo Grillo), renderà nota la sua piattaforma programmatica venerdì nel corso di un appuntamento all’ Acquario romano, mentre Bersani e Enrico Letta presenteranno venerdì allo Sheraton le loro Idee per l’ Italia.

Ed è proprio Bersani a rintuzzare apertamente l’ iniziativa di Grillo: “Non si entra da noi per insultarci”. Beppe Grillo non si scoraggia affatto. “Domani andrò a Nervi, dove sono residente, e cercherò di prendere la tessera lì dove sono residente”, dice l’ interessato. Che riceve la risposta di Debora Serracchiani: prendere la tessera di un partito, dice, significa amarne il simbolo, la bandiera e il progetto. Tu sei pronto a farlo?

Il comico, comunque, non molla e dal suo blog annuncia di voler tornare alla carica =Vi dò appuntamento al 25 ottobre. Ci sarò. Sotto forma fisica – scrive – o di ologramma. Magari al congresso del Partito democratico io apparirò in tridimensione mentre parla Bersani. O sarò in rete, in videoconferenza”, dice ancora Grillo, che aggiunge: “Il Pd non è un partito politico, è un partito burocratico. Non hanno un programma. Io ho visto quelli che si stanno candidando. Come si fa a votare Franceschini. Chi è Franceschini? Un programma? Non ce l’ hanno. L’unico che ha un programma di questi candidati alla segreteria, sono io, che sono un comico”.

Silvio Berlusconi: “La crisi è una dura realtà, ma il peggio è passato”

 Il presidente del Consiglio Berlusconi torna a mostrare ottimismo sulla crisi economica. Intervenendo a “L’ Aquila day”, il workshop organizzato dal ministro dell’ Economia, il premier spiega che “è come quando uno va a fare la spesa, si mette le mani in tasca e non trova neanche un euro. Una situazione che, da imprenditore, io non ho mai conosciuto” ha detto il premier, osservando che si tratta di “una dura realtà ma speriamo in un futuro migliore, perché la situazione non sta peggiorando ma migliora”.

“Quello che doveva accadere è accaduto – ha proseguito il premier – le banche che dovevano fallire non hanno fallito e chi doveva togliersi dal mercato si è tolto. Oggi chi faceva della speculazione la principale attività di mercato è sparito”. Per questo motivo Berlusconi invita ad avere fiducia e a non cambiare le proprie abitudini: “Tutte le organizzazioni internazionali un giorno sì e l’altro pure fanno previsioni negative e tutto questo non fa che aumentare la paura”. Per il premier, invece, bisogna insistere sul messaggio di speranza perché – ripete – il peggio è alle spalle.

L’ opposizione non tollera questo ottimismo. “È insopportabile questo modo di fronteggiare la crisi” ha commentato il segretario del Pd, Dario Franceschini. “Di fronte a milioni di famiglie e imprese che chiedono misure urgenti, il presidente del Consiglio continua con questo atteggiamento che tende a minimizzare e negare il problema – ha aggiunto Franceschini – È inaccettabile continuare a negare la crisi e a girare la testa dall’ altra parte: è uno schiaffo in faccia agli italiani”.

Congresso Pd. Il chirurgo senatore Ignazio Marino è il “terzo uomo” che sfiderà Bersani e Franceschini

 La notizia ufficiale della candidatura del medico e senatore Ignazio Marino alla segreteria del Pd è arrivata sabato con un’ intervista a l’ Unità. Il quotidiano dedica alla notizia la prima pagina, con una grande foto sul titolo “Il terzo uomo”. “Ci sono tantissime forze nel Paese – dichiara Marino al quotidiano fondato da Antonio Gramsci – che hanno davvero voglia di esprimersi. Ho ricevuto in queste settimane migliaia di messaggi”.

Per gli ex Popolari Marino è un mezzo estremista che farebbe compiere al Pd un balzo a sinistra; per molti dei trenta – quarantenni che pochi giorni fa affollavano il Lingotto di Torino è il candidato ideale per ridare slancio al partito. Marino, 54 anni, chirurgo di fama internazionale, dice di battersi per la laicità, la meritocrazia, la scuola.

Noi dobbiamo essere il partito dei talenti, che finalmente realizzi una vera riforma della giustizia, che si batta per il rispetto delle regole, a tutti i livelli. Sono per la trasparenza e per un partito aperto”. Franco Marini si è spinto fino a dipingerlo come qualcuno che “sarà portato a estremizzare e ad aggrapparsi al nuovismo super ideologizzato” con un danno “non solo per il Pd ma per tutto il Paese”.