Estero. Addio a Edward Kennedy, patriarca della politica Usa

 È morto all’ età di 77 anni Edward Kennedy, ultimo dei fratelli della famiglia che ha segnato la politica e la storia degli Stati Uniti. Il senatore del Massachusetts era da tempo malato. Nel maggio del 2008 gli era stato diagnosticato un tumore al cervello, a giugno era stato operato. Era poi tornato alla vita politica: aveva partecipato in agosto alla convention democratica, aveva ripreso l’ attività a Capitol Hill e in gennaio aveva presenziato all’ insediamento di Barack Obama.

Da giorni si rincorrevano voci circa un drastico peggioramento delle sue condizioni, alimentate anche dalla sua assenza al funerale della sorella Eunice Shriver Kennedy, celebrato due settimane fa. Kennedy aveva inoltre scritto una disperata lettera ai vertici del Massachusetts chiedendo di essere sostituito nel suo ruolo di senatore il prima possibile, senza aspettare l’ elezione suppletiva necessaria per legge. Il senatore, infaticabile sostenitore di Obama, temeva infatti che la sua assenza nuocesse al partito al momento di votare la tanto discussa riforma sanitaria.

Ad annunciare la sua morte è stata la famiglia con un comunicato diffuso nella tarda serata di ieri, ora americana. “Edward M. Kennedy, il marito, il padre, il nonno e lo zio che abbiamo amato così profondamente, è morto ieri sera nella casa di Hyannis Port – si legge nel comunicato – Abbiamo perso il centro insostituibile della nostra famiglia e la luce gioiosa delle nostre vite, ma l’ ispirazione della sua fede, l’ ottimismo e la perseveranza vivranno per sempre nei nostri cuori”.

La famiglia “ringrazia tutti quelli che lo hanno curato e sostenuto in quest’ ultimo anno e tutti quelli che sono stati al suo fianco per così tanti anni nella sua instancabile marcia verso la giustizia, l’ equità e le opportunità per tutti. Ha amato il suo Paese – conclude il comunicato – e ha dedicato la sua vita a servirlo. Ha sempre creduto che i nostri giorni migliori sono quelli davanti a noi, ma è difficile immaginarne senza di lui”.

Estero economia. Il presidente americano ha annuncito ieri l’ inizio del secondo mandato dell’ ex docente di Harvard. “È riuscito ad evitare la depressione”, ha detto

 Barack Obama ha riconfermato Ben Bernanke alla guida della Fed per i prossimi quattro anni, riconoscendogli il merito di aver allontanato l’ economia da una depressione. Obama, da Martha’ s Vineyard dove si trova a trascorrere le vacanze con la famiglia, ha annunciato che l’ accademico resterà presidente della Fed fino al 2014.

Harvard, il prestigioso Mit e infine l’ insegnamento a Princeton, prima di approdare al board della Federal Reserve e poi presiedere il pool di economisti della Casa Bianca: è d’ impronta decisamente accademica la carriera di Ben Bernanke, e i suoi trascorsi hanno rappresentato la principale discontinuità con i predecessori, più a loro agio a Wall Street che sui libri.

Nominato da George W. Bush nell’ ottobre del 2005, inizierà da oggi il suo secondo mandato quadriennale alla guida della banca centrale, fortemente voluto da Obama, nonostante l’ estrazione repubblicana dell’ ex docente universitario. Bernanke ha dovuto imparare a conoscere approfonditamente Wall Street, in vista della crisi che si è trovato ad affrontare e delle misure eccezionali che è stato costretto a prendere per evitare che l’ economia scivolasse in una seconda depressione.

Obama ritiene che “Ben abbia fatto un gran lavoro in qualità di presidente della Fed, aiutando l’ economia ad affrontare la peggiore recessione dal 1930 e allontanandola dall’ orlo di una nuova depressione. Nel combattere la crisi finanziaria – spiega un rappresentante dell’ amministrazione Obama – Bernanke si mostrato audace e brillante. La decisione di riconfermarlo è stata assunta – aggiungono dall’ amministrazione – per favorire la stabilità dei mercati e ridurre il rischio di potenziali perdite per l’ economia e per i mercati finanziari”.

Estero. “Un processo incostituzionale” quello di Teheran contro manifestanti e leader riformatori

 Una “farsa”. Così l’ ex presidente riformatore iraniano Mohammad Khatami ha definito il processo di massa in corso da ieri a Teheran contro un centinaio di manifestanti e leader riformatori, arrestati dopo le dimostrazioni seguite alla rielezione del presidente Mohammad Ahmadinejad, il 12 giugno.

Nel contempo – mentre altri dieci oppositori sono andati ad aggiungersi ai cento già ieri portati davanti ai giudici – il capo dell’ opposizione iraniana Mir Hossein Mussavi (uno dei candidati sconfitti alle presidenziali secondo i dati ufficiali) ha alzato il tiro contro il regime affermando che tutte le confessioni fatte ieri da alcuni imputati sono state estorte con la tortura e non hanno quindi alcun valore.

“Le confessioni fanno venire in mente le torture medioevali”, scrive Mussavi nel suo sito e pone una domanda retorica, che non chiede risposta: “Di cosa vogliono convincere il popolo con queste confessioni che ricordano le torture del Medioevo? Dicono che i ragazzini della rivoluzione hanno confessato durante il processo i loro legami con i nemici e un piano per rovesciare la Repubblica Islamica. Tutto quello che io ho sentito, sono i gemiti che fanno capire quello che hanno subito durante questi cinquanta giorni di detenzione”.

Mussavi poi, come l’ ex presidente riformista Mohammad Khatami, afferma che questo è un processo dove tutto è truccato. “Presto vedremo invece finire sotto processo chi ha commesso questi crimini, le torture e gli interrogatori”. In particolare Khatami ha definito il processo contrario alla Costituzione, alla legge e ai diritti dei cittadini. Questo tipo di messa in scena è innanzitutto contraria agli interessi del regime e mina la fiducia dell’ opinione pubblica e le confessioni ottenute in queste condizioni non hanno alcuna credibilità.

Estero. Caos a Teheran. I riformisti vogliono ricordare i morti del 20 giugno scorso. La polizia interviene con i manganelli

 Risale la tensione a Teheran. L’ opposizione avrebbe voluto commemorare le vittime della repressione post – elettorale, ma la polizia ha picchiato con bastoni, manganelli e cinture le persone che si erano raccolte nel cimitero dove sono sepolti Neda Agha – Soltan (nella foto) e altri giovani uccisi nella manifestazioni del 20 giugno.

Numerosi anche gli arresti. Nel cimitero di Behesht – e – zahra, a sud di Teheran, gli agenti si erano raccolti soprattutto attorno alla tomba di Neda, la giovane diventata il simbolo della repressione. Il leader riformista Mir Hossein Mossavi, che aveva preannunciato la sua presenza, è stato costretto ad allontanarsi appena pochi minuti dopo il suo arrivo.

Secondo testimoni locali, Moussavi è riuscito a scendere dall’ auto, accolto dagli slogan festosi dei manifestanti, e a camminare fino alla tomba di Neda, la giovane di cui oggi ricorre il quarantesimo giorno dalla morte. A Moussavi però non è stato permesso di recitare i versi del Corano: è stato immediatamente circondato da agenti in assetto antisommossa che lo hanno ricondotto alla sua auto.

Altre persone che si erano raccolti al cimitero hanno circondato la sua auto, tentando di non farlo andar via. Ma la polizia ha cominciato a spingere gli attivisti e Moussavi è ripartito. Nonostante la polizia avesse bloccato le strade che conducono alla tomba di Neda, una quarantina di manifestanti – tutti con foulard e T – Shirt verdi – il colore distintivo della campagna elettorale di Moussavi – erano riusciti a raccogliersi sul luogo della sepoltura decorata con candele e fiori. I vertici della Repubblica islamica avevano vietato anche la cerimonia commemorativa nel Grande Mossala (luogo di preghiera) della capitale. La sfida è stata subito raccolta dal popolo della blogosfera iraniana. Su Twitter si rincorrono appelli a recarsi in massa al cimitero.

Estero. Dialogo strategico ed economico tra Usa e Cina a Washington

 “Soddisfatta che la Cina abbia condiviso le preoccupazioni sul fatto che l’ Iran possa diventare uno Stato dotato dell’ arma atomica” ha dichiarato il segretario di Stato Hillary Clinton al termine della due giorni di “Dialogo strategico ed economico” tra Usa e Cina a Washington. “Abbiamo gettato le basi per una positiva, cooperativa e comprensiva relazione per il 21° secolo”.

I due Paesi si sono accordati per una larga intesa: entrambi perseguono l’ obiettivo di guidare l’ economia globale fuori dalla recessione e di forgiare un’ alleanza più stretta sulle questioni dell’ ambiente e della politica estera. Tra i punti fermi dell’ accordo generale ci sono il mantenimento delle spese di stimolo finchè la ripresa non sarà assicurata; la firma di un memorandum sul clima, l’ energia e l’ ambiente; e la promessa di sostenere la libertà dei traffici commerciali combattendo il protezionismo.

Il documento di intenti sul clima è un risultato di alta rilevanza politica, anche se l’ intesa non fissa obiettivi nè tempi vincolanti: promette però l’ impegno dei due maggiori Paesi al mondo per emissioni di gas da effetto serra e per inquinamento, a lavorare più strettamente in futuro.

“Fornisce ai nostri Paesi la direzione per operare insieme nel sostenere negoziati internazionali sul clima e nell’ accelerare la transizione a un’ economia a basso contenuto di carbonio” ha detto la Clinton. Il documento non è stato reso pubblico ma il portavoce del Dipartimento di Stato, Ian Kelly, ha specificato che non contiene numeri o date: piuttosto è una cornice entro cui andare avanti a discutere.

“Non è un accordo che impegna le due parti a raggiungere determinati obiettivi, ma fissa la struttura per un dialogo”, ha insistito Kelly. Era impossibile, in questo confronto ad alto livello tra Pechino e Washington, raggiungere un risultato più incisivo nella lotta contro le emissioni nocive; ma forse era anche difficile ottenere di meno, poichè l’ interesse strategico delle due nazioni non può prevedere rotture clamorose e richiedeva quel successo diplomatico finale che è stato perseguito.

Estero. Terrorismo in Spagna, un’ autobomba contro la caserma

 Poco prima dell’ alba, un’ autobomba è esplosa davanti al dormitorio di una caserma della Guardia Civil a Burgos, nel nord, ferendo in modo lieve 55 tra agenti e loro familiari. Parte della facciata posteriore della caserma è stata sventrata. L’ Eta torna a colpire in Spagna.

In ospedale sono stati medicati una cinquantina feriti, ma la maggior parte di loro ha riportato solo tagli ed escoriazioni dopo che le finestre degli edifici circostanti sono andate in frantumi. Tra i feriti ci sono 22 donne e cinque bambini tra le oltre 120 persone che risiedevano nel dormitorio della caserma.

I separatisti baschi non hanno preannunciato l’ esplosione con una telefonata, come al solito, ma gli inquirenti hanno pochi dubbi sulla matrice dell’ attentato. L’ autobomba, imbottita con più di 200 chili di esplosivo (secondo alcune fonti 500), ha lasciato un cratere di sette metri di diametro sulla strada. Danneggiati anche un edificio e una casa adiacenti.

“Un grande attentato fallito che puntava a causare morti”, ha commentato il ministro dell’ Interno spagnolo, Alfredo Perez Rubalcaba, “lì dormivano donne e bambini e questo dimostra come fosse un attacco canagliesco”. Solo un miracolo ha infatti impedito una strage.

Estero. Il presidente francese Nicolas Sarkozy viene dimesso. Sta meglio

 Sarkozy è stato dimesso dall’ ospedale Val – de – Grace, dove era stato ricoverato domenica per un malore mentre faceva sport. Comunque, l’ Eliseo ha precisato che non ci sono stati problemi cardiaci. Sarkozy non ha perso conoscenza per il malore, come era stato affermato ieri da notizie di stampa.

Una nota ufficiale comunica che “è stata effettuata una radiografia alle coronarie. La diagnosi ha rilevato un malessere provocato da uno sforzo per il gran caldo e senza perdita di conoscenza, in un contesto di affaticamento legato a un sovraccarico di lavoro”. I medici hanno consigliato un riposo di qualche giorno e non hanno prescritto terapie mediche.

Ieri mattina il ministro del Rilancio, Patrick Devedjian, ha annunciato alla radio Rtl che le notizie dai medici sono buone e tutti gli esami clinici e neurologici nella norma. Il presidente ha subito un improvviso calo di pressione, dovuto a fatica e stress. “Non è il suo temperamento di risparmiarsi – ha aggiunto Devedjian -. Lui dice sempre: talvolta la gente mi rimprovera che faccio troppo, ma io trovo che non faccio abbastanza… È iperattivo, questo lo vedono tutti”.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy colpito da malore mentere faveva sport

 Lieve malore con una breve perdita di conoscenza per Nicolas Sarkozy, colpito oggi da una “sincope vagale” mentre faceva footing a Versailles, nella Residenza della Lanterne, dove ama passare i fine settimana. Un testimone oculare, che passeggiava nel Parc du Chateau contiguo alla residenza, ha indicato di aver visto fra le 13 e le 13.30 un uomo di spalle che correva circondato da guardie del corpo, che improvvisamente si sarebbe accasciato.

Il testimone ha detto di non aver potuto accertarsi dell’ identità dell’ uomo, ma di aver visto un elicottero arrivare dopo 10 minuti e ripartire seguito da un secondo elicottero bianco. Sarkozy è stato subito portato all’ ospedale militare parigino di Val – de – Grace, dove è stato ricoverato per diversi esami complementari, raggiunto dalla moglie Carla Bruni che – secondo una buona fonte vicina al presidente – si trova al suo fianco in questo momento.

Il malore sofferto dal capo dello Stato francese è da considerarsi lieve, hanno indicato fonti dell’ Eliseo: le sincopi vagali sono dovute all’ iperattività del nervo vago, il cui ruolo è quello di rallentare il battito cardiaco. Provocano in sostanza un breve svenimento, abbastanza spettacolare, ma in generale privo di conseguenze per chi lo soffre e non richiedono trattamenti specifici.

Sarkozy, che ha 54 anni, si è da subito distinto per essere un presidente iperattivo, che ha fatto della sua immagine sportiva e giovanile una caratteristica specifica della sua presidenza. Fa footing diverse volte alla settimana per circa un’ ora e ama andare in bicicletta. Ha anche fatto di tutto per alimentare una fama di lavoratore indefesso, che prende iniziative a 360 gradi sia in politica nazionale che internazionale.