Silvio Berlusconi: “l’ assegno per i disoccupati sarebbe una licenza a licenziare”

 Il governo boccia la proposta del Pd di un fondo attraverso cui erogare sussidi per coloro che perdono il lavoro a causa della crisi economica, ma il premier illustra i motivi della sua contrarietà all’ assegno di disoccupazione e lo definisce una misura che equivarrebbe alla “libertà di licenziare”. Le aziende, cioè, in presenza di un “ombrello” protettivo garantito dal governo, potrebbero affrontare con maggiore leggerezza i ridimensionamenti dei propri organici in un periodo non particolarmente facile. A questo proposito, tuttavia, il capo del Pdl ha spiegato che la crisi esiste, ma è vissuta sui media in maniera più drammatica della realtà. “Considero dannoso, dice, che i media continuino a presentare la crisi come qualcosa di definitivo e tragico. È una crisi pesante, ma l’ aggettivo tragico è esagerato”.

Biotestamento verso un’ intesa bipartisan

 Si sta andando verso un ddl condiviso tra opposizione e maggioranza, la quale ieri mattina ha presentato due emendamenti sul testamento biologico, dichiarandosi disposta ad accogliere alcuni emendamenti dell’ opposizione per arrivare a un testo condiviso da presentare in aula il 19 marzo. La proposta presentata in commissione Sanità del Senato da Raffaele Calabrò (Pdl), relatore del ddl, sostituisce i primi tre articoli del ddl con un solo articolo che riunisce i principi – guida del provvedimento. Eliminato l’ art. 2, comma, 2, in base al quale “l’ attività medica, in quanto esclusivamente finalizzata alla tutela della vita e della salute, nonché all’ alleviamento della sofferenza non può in nessun caso essere orientata al prodursi o consentirsi della morte del paziente, attraverso la non attivazione o disattivazione di trattamenti sanitari ordinari e proporzionati alla salvaguardia della sua vita o della sua salute, da cui in scienza e coscienza si possa fondatamente attendere un beneficio per il paziente”.

Berlusconi stoppa l’ assegno anti crisi

 Reduce dal vertice europeo sulla crisi. il premier stoppa la proposta di un assegno mensile a chi è rimasto senza lavoro fatta dal segretario del Pd, Dario Franceschini. Il rifiuto di Berlusconi arriva senza troppi giri di parole: “Il costo equivarrebbe ad oltre un punto e mezzo di Pil, non è sostenibile per le finanze pubbliche: una scelta del genere innalzerebbe il debito pubblico, cosa che non possiamo fare per i vincoli di Maastricht”. Franceschini, a sua volta, suggerisce che le risorse per l’ assegno si possono ricavare dal taglio della spesa pubblica nello spreco. ma soprattutto dall’ evasione fiscale”. Dello stesso parere Cesare Damiano, fresco di nomina alla guida del settore Lavoro del Pd: “Il governo sbaglia a sottovalutare la proposta del segretario. È sconcertante l’ atteggiamento di supponenza di alcuni ministri che sono stati generosi nel togliere l’ Ici sulla prima casa a chi percepisce alti redditi, con un costo di 3 miliardi di euro, e molto avari quando si tratta degli ammortizzatori sociali. Come mai del debito pubblico ci si ricorda soltanto quando si tratta di aiutare i più deboli?”.

Il Pdl: le sue radici culturali

 Opportuno, nel percorso di avvicinamento al congresso di fine marzo, un incontro che facesse chiarezza, analizzasse e incorniciasse i valori e le radici culturali del Popolo della Libertà. Già il titolo che è si voluto dare al convegno “La cornice culturale del Pd” è emblematico ed esprime il desiderio della fondazione Magna Carta di percorrere un cammino sul terreno dei valori culturali. Questo convegno capita a proposito e rappresenta una tappa importante. La storia degli ultimi anni ha raccontato esiti e percorsi diversi rispetto a quelli che certi intellettuali disancorati da ogni realtà ipotizzavano. Con la nascita e l’ intuizione di Forza Italia da una parte, la scomparsa di repubblicani, socialisti, liberali, democristiani e socialdemocratici dall’ altra, e il cammino di rinnovamento dell’ ex Movimento Sociale a far da tangente al processo, nacquero le condizioni per fare del Pdl il più grande partito di centro destra a vocazione maggioritaria.

Voglia di ricucitura tra istituzioni e gerarchie vaticane

 C’ è una gran voglia di ricucire, fra i vertici dello Stato. Il tentativo di ridimensionare le tensioni istituzionali sul caso di Eluana Englaro ieri è diventato esplicito: fra Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi; e fra il Quirinale e la Santa Sede. È emersa una volontà comune di diplomatizzare lo strappo consumatosi con la morte della donna in coma da diciassette anni. Il primo segnale è arrivato martedì, nel colloquio al Quirinale fra il presidente della Repubblica ed il premier, accompagnato dal sottosegretario a palazzo Chigi, Gianni Letta. La nomina di Paolo Grossi come giudice costituzionale ha rappresentato un primo gesto di concordia ritrovata. Ma non solo con Berlusconi. La scelta di Grossi, stimato anche in Vaticano, viene letta come un indizio di tregua: sebbene preparata da tempo. E ieri è arrivato il secondo passo, in una cornice che favoriva e quasi obbligava alla concordia: la cerimonia per l’ 80˚ dei Patti lateranensi. Poteva rivelarsi un’ occasione di imbarazzo; invece, è servita a ridurre le distanze e limitare i malintesi.

Alleanza per le amministrative: Pdl e Lega tendono la mano all’ Udc

 Appello a Casini: “Torni con noi. Non c’ è spazio per un terzo polo”. Pdl e Lega fanno a gara nel tendere la mano all’ Udc in vista delle amministrative. Il leghista Roberto Calderoli ha annunciato la volontà di aprire un confronto con i centristi sul ddl per il federalismo fiscale. In un’ intervista al Mattino, il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto va anche più avanti, rispondendo al ministro del Carroccio.
“Personalmente – dice Cicchitto – mi spingerei anche oltre con una proposta di alleanza per le amministrative e di confronto su temi quali la giustizia. L’ Udc, infatti – conclude – ha avuto finora un modo di fare opposizione molto diverso dal Pd che va a rimorchio di Di Pietro”. Anche il ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi, intervistato da Repubblica a proposito del convegno dell’ Udc svoltosi a Todi nel fine settimana, intensifica il pressing sui centristi.

Il primo giorno da leader del nuovo segretario del Pd

 Dario Franceschini giura sulla Carta e attacca Berlusconi, che ribatte alle accuse e ribadisce l’ assoluta fedeltà alla Costituzione. “Il presidente del Consiglio ha in mente un paese in cui il potere viene sempre più tacitamente concentrato nelle mani di una sola persona. Questo è contro la Costituzione su cui il presidente del Consiglio ha giurato fedeltà” ha detto il neo segretario del Pd che si è recato davanti al Castello estense, luogo in cui furono trucidati 13 cittadini innocenti dalle squadre fasciste. Un gesto simbolico nel primo giorno da leader del Pd, accompagnato dal padre, ex partigiano, sulla cui vecchia copia della Costituzione ha giurato fedeltà alla Carta. “Non è il momento della delusione – aggiunge Franceschini – dell’ astensionismo o del disimpegno, ma è il momento in cui tutti gli italiani che credono nei valori condivisi che hanno fatto nascere la Costituzione, dall’ antifascismo alla resistenza, in modo pacifico e democratico comincino una lunga battaglia per difendere la democrazia italiana”.

Il futuro del Pd: Pierluigi Bersani favorito dagli iscritti

 Chi potrebbe essere il nuovo leader del Pd? La coppia Bersani-Letta starebbe bene? Tutta una corsa a individuare il prossimo leader. Piace l’ ipotesi dell’ ex ministro emiliano segretario. “Spero in Bersani”, conferma Alberto Marani alla sezione romana del Pd centro storico. Tra la base ex ds c’ è una prevalenza di consenso per Pierluigi Bersani, perché rappresenta una sorta di garanzia, di sicurezza rispetto al passato. Lo dicono i militanti nei circoli, soprattutto i 50 – 60enni; lo ribadisce il sondaggio pubblicato sul sito di Repubblica, dove l’ ex governatore dell’ Emilia è stato votato dal 20% degli oltre 60 mila che hanno partecipato. È il nome che ricorre anche nei dibattiti in radio: “È l’ unico nominato da qualcuno dei nostri ascoltatori”, racconta Danilo De Biasio, direttore della storica frequenza di sinistra milanese, Radio Popolare, “ma non è molto indicativo: perché in realtà tra i nostri ascoltatori prevale una critica che include tutto il gruppo dirigente”. La stessa critica si legge sui blog di Internet: “Veltroni si è dimesso! E D’ Alema, Latorre, la Binetti & C. E tanti altri restano?”, si legge, più o meno uguale, in quasi tutti i messaggi sul sito del Pd.

Sardegna, centrodestra in vantaggio

 L’ elezione di Cappellacci alla presidenza della Regione Sardegna dal punto di vista politico rappresenta una vittoria di Silvio Berlusconi. Il premier, infatti, ha giocato in prima persona questa campagna elettorale, puntando addirittura su un candidato quasi sconosciuto per una sorta di rinnovamento al di fuori dell’ organizzazione tradizionale del Pdl. E andando avanti malgrado il parere contrario degli alleati, con un Gianfranco Fini pressoché infuriato perché informato a cose fatte della scelta di Cappellacci. Ma, soprattutto, Berlusconi ha vinto sulla linea del decisionismo che lo contraddistingue. La fase cruciale della campagna elettorale è stata occupata dallo scontro con i vertici istituzionali sul decreto legge per Eluana, approvato dal Consiglio dei ministri ma respinto dal Quirinale; e proprio alla vigilia del voto del decreto antistupro, per il quale difficilmente Napolitano potrà contestare i requisiti d’ urgenza.

Mentana: un licenziamento in cinque mosse

 Nel giro di poche ore Enrico Mentana, uno dei giornalisti più in gamba di Mediaset, ha lasciato l’ azienda, senza esitazione. Una vicenda in cinque mosse, con una decisione che potrebbe non condividere solo chi non conosce a fondo l’etica professionale e umana di Mentana. Chiamiamola un’ edizione speciale in cinque sorprendenti sequenze.
La prima, lunedì sera: a pochi minuti dall’ annuncio della morte di Eluana Englaro, Mentana chiede ai vertici aziendali di accendere una “finestra” informativa sul caso del giorno da mandare in onda su Canale 5, ma in azienda gli rispondono di no.
La seconda, attorno alle 22: Mentana non solo si dimette dal suo incarico, ma rende pubblico lo strappo con un comunicato battuto dalle agenzie.
La terza: Mediaset accetta le dimissioni e sospende la puntata di Matrix in programma in tarda serata.
La quarta: Mediaset fa sapere (via lettera) ai giornalisti di Matrix che la trasmissione è momentaneamente sospesa.
La quinta: in serata Mauro Crippa, direttore generale dell’ informazione Mediaset, annuncia all’ agenzia Ansa che “Mentana non è stato mandato via da noi, ma è lui che si è messo fuori dall’ azienda, rompendo platealmente il rapporto fiduciario. E annuncia: Matrix? Un editore ha il dovere di tenere in vita i propri marchi anche al di là delle vicende personali”.

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