Sì al decreto antistupro. Napolitano pronto a firmare

 Venerdì il decreto antistupro sarà pronto. Veltroni: “Ma né demagogia né ronde”. Comunque sono quasi terminate le consultazioni che sempre precedono una nuova legge. E così il ministro Roberto Maroni è salito al Quirinale per illustrare al Presidente della Repubblica lo spirito delle nuove norme, uscendo dal colloquio con un sostanziale via libera. Da Palazzo Chigi sono partite telefonate tranquillizzanti verso il Vaticano. Pertanto gli accusati di stupro non potranno beneficiare della libertà condizionale, ma avranno bisogno di un avvocato a spese dello Stato per le vittime di violenza sessuale, arriveranno nuovi presidi di polizia con relativi stanziamenti, saranno anticipate le norme contenute nel ddl antimolestie che la Camera ha già approvato. Fin qui è scontata una larga convergenza tra maggioranza e opposizione.

Sardegna, centrodestra in vantaggio

 L’ elezione di Cappellacci alla presidenza della Regione Sardegna dal punto di vista politico rappresenta una vittoria di Silvio Berlusconi. Il premier, infatti, ha giocato in prima persona questa campagna elettorale, puntando addirittura su un candidato quasi sconosciuto per una sorta di rinnovamento al di fuori dell’ organizzazione tradizionale del Pdl. E andando avanti malgrado il parere contrario degli alleati, con un Gianfranco Fini pressoché infuriato perché informato a cose fatte della scelta di Cappellacci. Ma, soprattutto, Berlusconi ha vinto sulla linea del decisionismo che lo contraddistingue. La fase cruciale della campagna elettorale è stata occupata dallo scontro con i vertici istituzionali sul decreto legge per Eluana, approvato dal Consiglio dei ministri ma respinto dal Quirinale; e proprio alla vigilia del voto del decreto antistupro, per il quale difficilmente Napolitano potrà contestare i requisiti d’ urgenza.

È guerra fra i capi del Pd

 Odio, quasi, fra di loro. Non antagonismo o competizione. Saranno stufi di recitare la commedia della dialettica interna e delle posizioni differenti che sono il sale della democrazia. Nel Pd si contestano reciprocamente. E se prima si sfidavano lontano dai riflettori, ora esplodono a mezzo stampa e telecamera, con notevole disinvoltura.
Dario Franceschini, il vice di Veltroni, su Canale 5 dice a Bersani che “se si candidava tra due mesi era meglio”. E ancora, Franceschini informa che l’ altro papabile competitor di Walter, Renato Soru, “è talmente radicato nel rapporto con la sua terra che vincerà le elezioni e farà il presidente della Regione”. Sulla Stampa, invece, viene reso pubblico l’ennesimo scontro Bindi – Rutelli. I due non si sopportano e non perdono occasione per ricordarselo. Oggi è il turno della vicepresidente della Camera, che accusa Rutelli di avere usato anche lui il dramma di Eluana.

Cgil in piazza, a Roma, sotto il logo “unità anticrisi”

 Venerdì 13 febbraio sciopero generale dei metalmeccanici e dei lavoratori del pubblico impiego della Cgil. Fiom e Fp. Per otto ore hanno protestato contro la politica economica del governo per fronteggiare la recessione in atto. Ma anche per altri temi: dalla riforma sullo sciopero abbozzata dall’ esecutivo alla riforma del modello contrattuale chiusa senza la firma della Cgil, dalla politica sull’ immigrazione alla difesa della Costituzione.
E venerdì, sotto il logo “unità anticrisi”, hanno sfilato insieme, tute blu e ministeriali, in una manifestazione a Roma che per gli organizzatori si annuncia “partecipata”: la dignità del lavoro è un bene pubblico, basta precarietà, più salari, più diritti, legalità, recita lo slogan principale. Tre cortei hanno confluito nella storica piazza di S. Giovanni per ascoltare il triplice comizio finale dei leader sindacali, Gianni Rinaldini, Carlo Podda e Guglielmo Epifani, il segretario generale della confederazione di Corso Italia.

Matrix. Ridateci Mentana: dice Vittorio Feltri

 A due giorni dall’ annuncio delle dimissioni immediatamente accettate da Mediaset, Enrico Mentana rompe il silenzio. In una lettera inviata al direttore di Libero Vittorio Feltri (che mercoledì titolava in prima pagina Ridateci Mentana) spiega lo svolgersi della vicenda. Nella lettera, pubblicata giovedì su Libero, il giornalista spiega che la sera della morte di Eluana non chiese di spostare in prime time di Matrix al posto del Grande Fratello, ma che fece tre proposte: “Aprire nel programma una o due finestre del Tg5; oppure inserire attorno alle 22 dieci minuti di Matrix; o chiudere il Grande Fratello non alle 24, com’ era previsto, ma un’ ora prima, per poter trasmettere una puntata di Matrix in grado di essere seguita da un pubblico meno sparuto”. Tutte e tre furono bocciate, spiega Mentana. E furono dimissioni.

Incontri e scontri fra politici: è ora di tregua

 Ma serve soprattutto un riequilibrio alla Consulta. I Grandi non se ne rendono conto. Neppure il gioviale Cavaliere. E insistono nelle loro scaramucce da soldatini di plastica. E così, all’ indomani della grande battaglia su Eluana, Silvio Berlusconi telefona a Maurizio Gasparri per rincuorarlo dopo l’ attacco di Gianfranco Fini che lo aveva bacchettato severamente per aver attaccato Napolitano. Il Presidente della Camera, invece, forse in cerca di qualche seguace nel centro – destra, convoca il ministro Matteoli che, ligio ai doveri dell’ amicizia, subito dopo dichiara: “Ha fatto bene, Fini, a difendere Napolitano”.
Non sono, comunque, queste le cose che contano. I quartieri generali dei due eserciti stanno valutando se l’ armistizio siglato per scongiurare lo scontro finale tiene o se, invece, qua e là serpeggia ancora qualche scaramuccia che potrebbe poi offrire il pretesto per tornare a combattere.

Mentana: un licenziamento in cinque mosse

 Nel giro di poche ore Enrico Mentana, uno dei giornalisti più in gamba di Mediaset, ha lasciato l’ azienda, senza esitazione. Una vicenda in cinque mosse, con una decisione che potrebbe non condividere solo chi non conosce a fondo l’etica professionale e umana di Mentana. Chiamiamola un’ edizione speciale in cinque sorprendenti sequenze.
La prima, lunedì sera: a pochi minuti dall’ annuncio della morte di Eluana Englaro, Mentana chiede ai vertici aziendali di accendere una “finestra” informativa sul caso del giorno da mandare in onda su Canale 5, ma in azienda gli rispondono di no.
La seconda, attorno alle 22: Mentana non solo si dimette dal suo incarico, ma rende pubblico lo strappo con un comunicato battuto dalle agenzie.
La terza: Mediaset accetta le dimissioni e sospende la puntata di Matrix in programma in tarda serata.
La quarta: Mediaset fa sapere (via lettera) ai giornalisti di Matrix che la trasmissione è momentaneamente sospesa.
La quinta: in serata Mauro Crippa, direttore generale dell’ informazione Mediaset, annuncia all’ agenzia Ansa che “Mentana non è stato mandato via da noi, ma è lui che si è messo fuori dall’ azienda, rompendo platealmente il rapporto fiduciario. E annuncia: Matrix? Un editore ha il dovere di tenere in vita i propri marchi anche al di là delle vicende personali”.

Categorie PDL

Il Premier. Opinioni a confronto: Veltroni e…gli altri

 La “tavola rotonda” di Veltroni, Cicchitto, D’ Alema, Bocchino, Di Pietro: una conversazione a cinque per un tema comune: Silvio Berlusconi.
“Se lo tolga dalla testa Berlusconi: al Quirinale non ci andrà mai. In quella carica si sono succedute personalità che hanno garantito l’ unità della nazione e il rispetto della Costituzione. Lui non è in grado di garantire unità, ma solo divisione. Il suo è un disegno scellerato e autoritario”. L’ opinione è del segretario del Pd, Walter Veltroni, intervistato da L’ Unità.
Per Veltroni, Berlusconi vuole portare il potere legislativo in una sola mano, nella sua. È questo
il suo atteggiamento nei confronti dell’ opposizione, della magistratura, dell’ informazione, dei sindacati.
“L’Italia, dice Veltroni, non è un’ azienda di sua proprietà, ma un paese che appartiene a sessanta milioni di italiani. Negli ambienti ben informati circola la tesi che Berlusconi vorrebbe andare alle elezioni anticipate per assicurarsi che il Parlamento che eleggerà il prossimo capo dello Stato sia più controllabile. Interessi assolutamente privati a fronte di un paese che vive una crisi economica e sociale gravissima”.

Giustizia: riforma al via

 Berlusconi dice no all’ appello se un imputato viene assolto. E intanto sono state rafforzate difesa e polizia. Ci sarà una riforma costituzionale, grazie alla quale un cittadino assolto in primo grado non deve più subire l’ iter travagliato del secondo e terzo grado, devastante per lui e la sua famiglia. Già la legge Pecorella si è pronunciata sull’ inappellabilità delle sentenze di assoluzione, ma è stata bocciata dalla Consulta. Ma Silvio Berlusconi avverte che il governo intende apportare cambiamenti anche al processo di appello.
Con il ddl Alfano di 32 articoli varato nei giorni scorsi il governo ha iniziato il cammino in questa direzione: meno poteri ai pm, più autonomia alla polizia giudiziaria, competenze più ampie per la corte d’ Assise e i banchi delle parti “posti allo stesso livello di fronte all’ organo giudicante”.