La lettera che il Presidente del Consiglio ha inviato lunedì scorso al Presidente del Senato è uno spartiacque che rischia di segnare negativamente l’intera legislatura.
Con quella missiva, l’on. Berlusconi ha assunto la paternità politica di un emendamento al decreto sulla sicurezza che stravolge il senso del provvedimento all’esame del Senato, colpisce il ruolo di garanzia del Capo dello Stato, strappa la delicatissima tela del dialogo istituzionale con l’opposizione.
Siamo preoccupati, per questa svolta all’indietro. Siamo preoccupati per l’Italia, che rischia di perdere una nuova occasione per darsi un sistema politico maturo: una democrazia compiuta, nella quale si possa competere lealmente tra avversari, scontrarsi a viso aperto sui programmi di governo e allo stesso tempo convergere sui valori costituzionali e collaborare nella manutenzione e nella riforma delle istituzioni e delle regole democratiche, come avviene in tutti i grandi paesi occidentali.
“Dalla Finanziaria è scomparsa la questione sociale: la difesa del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati. C’è un mix di demagogia e misure compassionevoli. In realtà questo governo ha introdotto un meccanismo di concertazione corporativa con alcuni soggetti forti”. Non usa mezze parole il ministro ombra dell’Economia Pier Luigi Bersani per bocciare la manovra varata ieri dal governo Berlusconi.
La norma salva-premier fa parte degli emendamenti presentati dalla maggioranza al decreto sicurezza. Alla fine le indiscrezioni riportate dalla stampa sono state puntualmente confermate. I processi per reati commessi “fino al 30 giugno 2002” e puniti con pene detentive inferiori ai 10 anni, in corso di svolgimento e compresi tra la fissazione dell’udienza preliminare e la chiusura del dibattimento in primo grado “sono sospesi” per un anno.