Il Censis fotografa un Paese che si sente minacciato dalla crisi

 Una famiglia su due si sente gravemente minacciata dalla crisi economica. È quanto emerge dal rapporto annuale del Censis, pubblicato questa mattina e diretto dal sociologo Giuseppe De Rita.
Il 48,8% del campione intervistato si dichiara “a rischio default”. Tra le famiglie preoccupate per la propria situazione economica, spiccano i 2,8 milioni (circa l’11,8%) che hanno investimenti in prodotti rischiosi, come azioni o Fondi di quote comuni; di queste, 1,7 milioni vi hanno collocato più della metà dei propri risparmi. Altra massiccia voce dell’analisi è quella composta dalle famiglie impegnate nel pagamento del mutuo dell’abitazione in cui vivono, circa 2 milioni, fra cui oltre 250mila dichiarano di non riuscire a rispettare le scadenze di pagamento o di avere enormi difficoltà a pagare le rate. Vanno poi aggiunti i 3,1 milioni di famiglie (12,8%) che risultano indebitate per l’acquisto di beni al consumo. Infine 3 milioni e 873 mila famiglie (16%) non possiedono risparmio accumulato in alcuna forma e “potrebbero trovarsi nella condizione di non saper fronteggiare eventuali spese impreviste o forti rincari di beni di primaria necessità”.

Inoltre sembra che gli italiani credano poco alla favoletta del governo secondo cui la crisi non toccherà le loro tasche. Dal Rapporto emerge, infatti, la preoccupazione delle famiglie, interpellate nel mese di ottobre 2008. Il 71,7% degli italiani pensa che il terremoto in corso possa avere delle ripercussioni dirette sulla propria vita , mentre solo il 28,3% dichiara di poterne uscire indenne. Secondo Censis questo sentimento di incertezza colpisce trasversalmente uomini e donne, giovani e anziani, al nord e al sud, ma ha un maggiore impatto sulle fasce sociali più deboli, come le famiglie a basso reddito e con figli. Risulta preoccupato l’81,3% delle famiglie con livello economico basso, contro il 66,2 % delle famiglie con livello medio.

La Bce riduce i tassi al 2,5 per cento. Londra taglia 100 punti base

C’era chi aveva “scommesso” su un taglio di 100 punti base. Ma la maggioranza – il 62,5% degli economisti contattati in un sondaggio di Bloomberg – , considerando la natura conservatrice della Banca centrale europea ci ha azzeccato: la riduzione sarebbe stata dell’ordine di 75 basis point. E così è stato: Francoforte ha fatto scendere i tassi di rifinanziamento di 3/4, portandoli dal 3,25% al 2,50%, ossia al minimo da maggio 2006.

Una mossa, ancora una volta, realizzata in un concerto di fatto con altri importanti istituti centrali: la Bank of England, più “abituata” ad interventi decisi, ha ridotto il saggio d’interesse di un intero punto percentuale. Il livello di riferimento del costo del danaro scende così al 2 per cento, il livello più basso dal 1951 (fissato addirittura nel 1939). E prima di Londra, erano intervenute le banche centrali svedese (i tassi Repo sono scesi al 2%) e neo zelandese (maxi-taglio di 150 punti base).

Fed: tagli benvenuti. La decisione della Bce di ridurre il costo del denaro di 0,75 punti percentuali «è benvenuta» dal Fondo Monetario Internazionale. Lo ha detto il direttore delle relazioni esterne del Fi, Caroline Atkinson. «Le mosse sui tassi di interesse questa mattina sono state straordinarie in Eurolandia, in Inghilterra e in Svezia: al Fondo abbiamo sottolineato più volte che le economie sviluppate hanno di fronte a loro un forte rallentamento ed è quindi importante – ha spiegato – affrontare i nodi finanziari e macroeconomici con una serie di misure dai pacchetti fiscali alle decisioni di politica monetaria».

Dalla Ue meno vincoli alle banche

 Sul tavolo del vertice europeo che si riunirà a Bruxelles l’11 e 12 dicembre prossimi non ci sarà soltanto il rilancio dell’economia europea da 200 miliardi di euro presentato la settimana scorsa dalla Commissione Barroso. La novità più significativa è che ci sarà quasi certamente anche un nuovo codice Ue, più flessibile, per l’erogazione degli aiuti al settore bancario in difficoltà. La riunione del Consiglio Ecofin dei ministri delle Finanze dei 27, ha dunque tracciato delle linee guida per “una distinzione – come ha detto il ministro dell’Economia francese, Christine Lagarde, presidente di turno della Ue – tra banche in difficoltà e banche fondamentalmente sane”. Vi è stato un ragionevole grado di consenso nelle discussioni, “non un consenso totale, ma piuttosto buono”. Il punto principale della discussione è stato il piano da 200 miliardi di euro proposto alla Commissione Europea. Una discussione che ha portato a una sorta di “annacquatura” del piano di Bruxelles, in modo da renderlo più vago e meno impegnativo, il tutto con uno stop alla riduzione dell’Iva. Il piano arriverà poi sul tavolo dei leader Ue al Consiglio Europeo della prossima settimana.

Raddoppio IVA pay-tv: Berlusconi se la prende con il PD e i giornali

 Essere preso con le mani nel sacco, forse è questo che in mattinata faceva sembrare il premier pronto a fare un passo indietro quando, da Tirana, diceva di non avere nulla in contrario a cambiare la norma del dl anti-crisi che aumenta l’Iva per le pay-tv al 20%.
“Se la sinistra insiste perché si cambi questa norma, – ha detto il presidente del Consiglio durante la conferenza stampa con il suo omologo Sali Berisha – io la prendo in parola e sono assolutamente d’accordo, purché si rispettino le normative europee”.

Ma dopo l’alt di Giulio Tremonti i toni cambiano e paradossalmente la colpa diventa dell’opposizione, dei quotidiani e dei loro vignettisti (!).
“Questa sinistra non ha alcun ritegno e non tiene vergogna. A promettere l’adeguamento dell’Iva sulle pay tv fu Romano Prodi. Questa è la sinistra da vergogna con cui abbiamo a che fare – insiste – se io fossi nei loro panni, me ne andrei a casa, se fossero coerenti andrebbero in Parlamento a dire di portare l’Iva al 10% per tutti ma, visto che non lo sono, non lo faranno”.

Poi è il turno dei direttori dei giornali: “Io Sky la capisco, ha avuto un privilegio, ma non capisco i giornali che invece di chiedersi come mai c’era un rapporto privilegiato nei confronti di Sky attaccano me, che vergogna! Politici e direttori di giornali come La Stampa e il Corriere dovrebbero tutti cambiare mestiere, andarsene a casa”.

La CISL lancia l’allarme: La crisi mette a rischio quasi un milione di posti di lavoro

Circa 900.000 i posti di lavoro a rischio nei prossimi due anni nell’industria manifatturiera e nelle costruzioni. E’ l’allarme lanciato dalla Cisl nel ”Rapporto industria 2008” presentato oggi a Roma nel quale si riporta anche una “road map” delle aziende e dei lavoratori coinvolti in crisi e ristrutturazioni aziendali. “Questa lista” annuncia il segretario confederale, Gianni Baratta “ha raggiunto il numero di 179.552 lavoratori, contro i 20.000 – 25.000 che si stimavano a giugno, a rischio occupazione”. Un elenco che tuttavia non comprende i lavoratori interinali e con contratto a termine, cui non e’ stato rinnovato il contratto. “Per le aziende -spiega Baratta- ci sono nomi importanti come Fiat, Alitalia, Lucchini, Electrolux, Granarolo, Unilever”. Nel complesso, la Cisl stima che oltre il 5% dell’occupazione industriale sia oggi coinvolta in situazioni di crisi ed il dato tende a crescere. ”Una parte del sistema industriale – si legge nel rapporto, pubblicato integralmente in questo sito nell’area “Primo Piano” – rischia di navigare al limite della linea di galleggiamento, al di sotto della quale si rischia di annegare. Resiste meglio chi ha polmoni finanziari piu’ capaci”.
Di fronte ad una così grave crisi economica, ben fotografata nell’analisi presentata oggi, il segretario generale, Raffaele Bonanni ha ribadito la necessità di un coinvolgimento di tutte le parti: “Serve il concorso di tutti. Il Governo dimostri un maggiore spirito di coesione coinvolgendo anche l’opposizione nella messa a punto di manovre anticrisi. Non servono né chiusure da parte dell’esecutivo né le posizioni della Cgil che dividono il fronte sindacale. Ho notato nel governo- ha detto Bonanni esprimendo preoccupazione per la mancanza di un clima di coesione nazionale che contraddistingue invece gli altri paesi europei – una posizione, analoga alla chiusura della Cgil, nel non ricercare una convergenza spingendosi in inutili fughe. Il dialogo con l’ opposizione è, secondo Bonanni, necessario in particolare su tre grandi temi che potranno, in futuro, costituire la base del rilancio del Paese: infrastrutture, energia pulita ed edilizia scolastica.

Confcommercio: Sui consumi a Natale, crisi evidente ma niente crolli

 consumi di Natale. Il presidente Sangalli ha sottolineato che quest’anno “nonostante l’aria di crisi e le evidenti difficoltà non ci sarà un crollo dei consumi”. “Ciò è dovuto – ha precisato il presidente – a tre motivi: la consueta ritualità degli acquisti, una quota della tredicesima che viene destinata alle spese e infine il fatto che la distribuzione vende un prodotto su tre attraverso promozioni e offerte”. Infine, il presidente di Confcommercio ha espresso un parere positivo sull’iniziativa della Social Card messa in campo dal governo: “E’ un passo importante – ha concluso Sangalli- soprattutto per le famiglie più povere ma non è una misura risolutiva in senso generale”. L’analisi “tecnica” dell’andamento dei consumi di Natale è stata fatta dal direttore dell’Ufficio Studi Mariano Bella. Secondo Bella, “i consumi aumenteranno di un timido 1,1% che però in termini reali, cioè depurati dal tasso di inflazione, segneranno un -1/-1,5%. Complessivamente si spenderanno poco più di 8 miliardi (7,9 l’anno scorso)”. “Questo – ha spiegato Bella – è dovuto anche alla maggiore quota di tredicesima risparmiata che verrà accantonata in queste prossime feste natalizie. Verrà risparmiato infatti l’11,5% delle tredicesime, equivalente a 9,6 miliardi di euro, rispetto agli 8,6 dello scorso anno”.

A novembre inflazione in forte calo

Secondo i dati provvisori dell’Istat, a novembre l’inflazione rallenta in modo deciso scendendo su base annua al +2,7% dal +3,5% di ottobre. Su base mensile i prezzi hanno registrato un calo dello 0,4%. Si tratta del calo più alto dal 1959. Sulla base dei dati finora pervenuti gli aumenti mensili più significativi dell’indice per l’intera collettività si sono verificati per i capitoli Comunicazioni (+0,3%), Mobili, articoli e servizi per la casa, Servizi sanitari e spese per la salute e Altri beni e servizi (+0,2% per tutti e tre); una variazione nulla si è registrata nel capitolo Ricreazione, spettacoli e cultura. Variazioni negative si sono verificate nei capitoli Trasporti (-2,3%), Servizi ricettivi e di ristorazione (-0,6%) e Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-0,4%).

Sostegno all’economia: Queste le misure che verranno varate dal Governo

Blocco delle tariffe ferroviarie, autostradali, di luce e gas; 120 euro sulla social card già a dicembre; interventi sui mutui e a sulla fiscalità delle imprese. Il governo ha illustrato a grandi linee il pacchetto anti-crisi alle parti sociali convocate a Palazzo Chigi. È previsto un intervento articolato a favore delle imprese e delle famiglie anche se per i dettagli delle singole misure occorrerà attendere ancora qualche giorno, considerato che il decreto verrà varato venerdì, secondo quanto confermato anche ieri. Le cifre dell’intervento sono ancora allo studio, “stiamo valutando i margini” dice il ministro dell’Economia, ribadendo che è “demenziale” ipotizzare per l’Italia, che ha un debito così alto, un allentamento dei vincoli di finanza pubblica. Tremonti inoltre ha sottolineato: “Non siamo in ritardo, nessun Paese europeo ha ancora deciso interventi per i consumi ma solo per le banche”.

Alitalia: Cai non partirà il 1° dicembre

 Cai non riuscirà a partire il primo dicembre prossimo come precedentemente preventivato». Lo rende noto l’Enac.

NUOVA DATA – La nuova data per lo start up del vettore non è ancora stata comunicata. L’Enac attende quanto prima tale informazione per le proprie attività di monitoraggio e verifica. Fino al completamento del passaggio, l’Alitalia continuerà ad operare.

Per l’avvio di CAI sono in fase di ultimazione alcuni aspetti amministrativi e tecnici. Per quanto riguarda le licenze di trasporto pubblico passeggeri ed il certificato di operatore aereo, le istruttorie dell’Enac sono terminate, ma l’emissione avverrà solo con l’evidenza dell’effettiva disponibilità delle risorse finanziare necessarie per l’operazione. Deve inoltre essere finalizzata la documentazione relativa al passaggio di proprietà degli aeromobili tra la vecchia e la nuova compagnia. L’Enac è in contatto con le istituzioni internazionali che seguono il trasporto aereo e con tutte le altre autorità per l’aviazione civile per aggiornamenti continui rispetto al termine di cessazione attività dell’Alitalia ed all’avvio della nuova compagnia.