Il presidente della Repubblica scrive una lettera a Ministri e Parlamento: “Sicurezza, legge preoccupante. Il testo suscita perplessità e dubbi”

 Nel promulgare la legge sulla sicurezza approvata dal Parlamento il 2 luglio scorso, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sottolinea tuttavia che suscita perplessità e preoccupazioni l’ insieme del provvedimento che, ampliatosi in modo rilevante nel corso dell’iter parlamentare, risulta ad un attento esame contenere numerose norme tra loro eterogenee, non poche delle quali prive dei necessari requisiti di organicità e sistematicità. In particolare, il capo dello Stato rileva la presenza nel testo di specifiche disposizioni di dubbia coerenza con i principi generali dell’ ordinamento e del sistema penale vigente.

Una lettera di cinque pagine. Giorgio Napolitano ricorre a questo strumento per indicare le rilevanti criticità della legge sull’ immigrazione, che pure promulga per non sospendere norme che rafforzano il contrasto alla criminalità organizzata. Il capo dello Stato scrive al governo e, per conoscenza, ai presidenti delle Camere. E punta l’ indice in particolare contro il reato di clandestinità e il via libera alle ronde previsti dalla legge.

“Il Presidente della Repubblica – scrive tra l’ altro nel testo che l’ ANSA è in grado di anticipare – non può restare indifferente dinanzi a dubbi di irragionevolezza e di insostenibilità che un provvedimento di rilevante complessità e evidente delicatezza solleva, per taluni aspetti, specie sul piano giuridico”.

Le nuove norme sulle espulsioni dei clandestini contenute nella legge sull’ immigrazione avranno un effetto contraddittorio e paradossale. Quello di non rendere più punibile, o al più punibile solo con un’ ammenda, la condotta del cittadino extracomunitario che fa rientro in Italia pur dopo essere stato materialmente espulso.

Il presidente della Camera: “Lettera di Napolitano incisiva”

 Gianfranco Fini ha giudicato la lettera del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano inviata al governo per esprimere le sue perplessità sul Ddl sicurezza politicamente incisiva. La valutazione della terza carica dello Stato è arrivata nel corso della conferenza dei capigruppo di oggi che si è aperta proprio con la discussione intorno alla lettera del capo dello Stato.

Il Pd ha chiesto che il governo riferisca sulla questione, anche se il comunicato diramato mercoledì sera da Palazzo Chigi esprime già chiaramente la posizione del governo. Sui rilievi del Quirinale, anche oggi Maroni ha ribadito: “Noi accogliamo le valutazioni e i suggerimenti di tutti. Adesso la legge va applicata, cosa che intendo fare cominciando con la norma sui volontari per la sicurezza, le cosiddette ronde, che emanerò non appena la legge viene pubblicata sulla Gazzetta ufficiale”.

La richiesta del Pd, a quanto si è appreso, è stata sollevata durante la conferenza dei capigruppo di Montecitorio e ha trovato l’ adesione anche di Italia dei Valori e Udc. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha assicurato che il governo valuterà la richiesta del Pd anche se, ha ricordato, Palazzo Chigi ha già sottolineato l’ impegno dell’ esecutivo a tenere conto dei rilievi del capo dello Stato.

Il Cdm vara il Dpef 2010 – 2014. Il Governo lancia un messaggio di ottimismo. Arriva lo scudo fiscale

 È un messaggio di ottimismo quello lanciato dal Governo nel Dpef: la crisi può essere considerata come un’ opportunità di sviluppo e di rilancio per l’ economia e più in generale di progresso sociale per il Paese. Numeri alla mano, il 2009 sconterà ancora gli effetti della recessione internazionale (con il Pil al 5,2%) ma già nel 2010 la locomotiva Italia riprenderà a marciare con un +0,5% che si rafforzerà al 2% negli anni successivi.

Per gestire la fase post crisi, il Governo ritiene indispensabile proseguire verso un risanamento solido e duraturo, secondo un principio di prudenza fiscale. Ed infatti proprio l’ utilizzo prudente della leva fiscale ha consentito finora all’ esecutivo di limitare il deterioramento dei conti pubblici. Per l’ economia mondiale, e quella italiana, negli ultimi 2 – 3 mesi si sono ripetuti segnali non negativi scrive ancora il Governo nel Dpef.

In particolare, si legge nel testo, “le tensioni sui mercati finanziari si sono gradualmente allentate. L’ incertezza sulle prospettive economiche resta elevata, ma si sta evidenziando un’ attenuazione delle spinte recessive”. Il Governo ritiene poi “essenziale ristabilire sin d’ ora un percorso di risanamento solido e credibile per il dopo crisi”.

Insomma, per il 2009, la crisi farà sentire ancora i suoi effetti sulle tasche degli italiani visto che i consumi caleranno del 2,2%. Nessun spiraglio nemmeno sul fronte del lavoro, visto che il tasso di disoccupazione salirà nel 2009 all’ 8,8%. Ma la fine del tunnel è vicina: nel 2010, sempre secondo le previsioni del Governo, i consumi riprenderanno facendo segnare un aumento dello 0,3%, e del 2,1% negli anni successivi. Quanto invece al tasso di disoccupazione, l’ anno prossimo peggiorerà lievemente, sempre per effetto della congiuntura difficile, per poi scendere al 7,7% nel 2013.

Il presidente Usa agli studenti russi: “Adesso non siamo più antagonisti”

 “Gli Stati Uniti non sono più rivali e vogliono una Russia forte, pacifica e prospera con cui collaborare e non confrontarsi sul molti temi a partire dai limiti alla proliferazione nucleare”. Così Barack Obama si è rivolto agli studenti della New Economic SChool mentre in precedenza, superando la diffidenza iniziale, ha rotto il ghiaccio con il premier russo Vladimir Putin dopo aver lunedì dimostrato grande concordia con l’ omologo Dmitri Medvedev.

“La vecchia logica dei blocchi si è rivelata errata. Cerchiamo la cooperazione non il confronto» con Mosca. Il presidente americano ha detto che “il nuovo inizio (reset) dei rapporti tra i due Paesi deve diventare un impegno prolungato tra i nostri popoli per trovare le aree di interesse reciproco e sviluppare il dialogo e la cooperazione”. Il primo tra gli interessi comuni per Obama è la non proliferazione nucleare. “Dobbiamo essere uniti nell’ opporci agli sforzi di paesi come la Corea del Nord e l’ Iran di acquisire tali armi. perché in questo caso il diritto internazionale sarà sostituito dalla legge della giungla”.

Il Presidente americano ha quindi chiarito che l’ eliminazione della minaccia nucleare iraniana eliminerebbe la necessità dello scudo missilistico in Europa, rimuovendo così il punto di maggiore attrito tra Mosca e Washington. Obama non ha ignorato anche l’ altro elemento di dissidio con Mosca: il mancato rispetto della sovranità di Georgia e Ucraina da parte della Russia, due repubbliche ex sovietiche che hanno chiesto di poter aderire alla Nato.

Il governo pone la fiducia sul Ddl sicurezza. Il voto finale ci sarà oggi

 Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha posto la questione di fiducia sul ddl sicurezza all’ esame nel Senato. Il ministro ha spiegato in Aula al Senato che il governo attribuisce grande importanza a questo provvedimento. È stato il primo ad essere approvato dal primo Consiglio dei ministri che si tenne nel maggio dell’ anno scorso a Napoli nell’ ambito di un più ampio pacchetto di norme in materia di sicurezza.

“La Camera dei deputati ha approvato poche e limitate modifiche – dice Vito – al testo licenziato dal Senato e pertanto il governo ritiene opportuno a questo punto giungere alla definita approvazione del testo. Pertanto autorizzato dal Cdm pongo la questione di fiducia sull’approvazione di ciascuno dei tre articoli del ddl nel testo approvato dalla camera”.

Il Senato entro domani in tarda mattinata voterà tre voti di fiducia al ddl sicurezza. Un voto per ciascuno dei tre articoli del ddl nel testo approvato dalla Camera. Lo ha deciso la Conferenza dei Capigruppo del Senato, decisioni riassunte al termine ai giornalisti dal capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri.

Il Presidente della Camera Gianfranco Fini: “Rischia la politica ma non il governo”

 Il più dietrologo tra i ministri della Repubblica, senza dubbio Rotondi, a sorpresa vede il sereno. Confida fiducioso: “Questa vicenda deplorevole delle squillo secondo me non arriva a Ferragosto, resterà un temporale estivo”. Gasparri invece considera la procura del capoluogo pugliese come un covo di toghe rosse, Rotondi mette la mano sul fuoco, “questi pm sono gente seria che non si presta a manovre eversive…”.

E nonostante sbarchino su internet i video del Cavaliere mentre dice “ciao” all’ escort Patrizia, perfino un berlusconiano di ferro come Cicchitto scarta la teoria dei complotti giudiziari per stendere il premier. “Anche perché, dice, qui si sta parlando di una vicenda sanitaria pugliese che coinvolge un pezzo importante della sinistra, Berlusconi è solo il diversivo”.

Insomma, dopo il panico dei giorni passati, quando da un momento all’ altro sembrava che venisse giù il mondo, nel centrodestra si torna a respirare. L’ inchiesta? Porterà poco lontano è la nuova parola d’ ordine. I sismografi dell’ avvocato Ghedini non segnalavano al Capo scosse di particolare entità. La Lega? Al momento tiene. Anzi, Calderoli sfodera aggettivi superlativi per risultare più convincente, l’ alleanza è saldissima, a scricchiolare saranno semmai le ossa dell’ opposizione.

Referendum a rischio quorum: gli ultimi appelli alla partecipazione

 “Andiamo tutti a votare per picconare il porcellum, la peggior legge elettorale della storia repubblicana”, si affannano a gridare Antonio Segni e Giovanni Guzzetta. I promotori si sono perfino appellati al presidente Napolitano, perché garantisca la visibilità del referendum come ha fatto con successo per la lista Pannella alle europee.

La moral suasion del presidente Rai Garimberti sui direttori di tg, gr e reti è stata forse tardiva, se a cinque giorni dal voto di domenica a cui in teoria sono chiamati 47,5 milioni di elettori, un italiano su due ignorava che si tratta di un referendum e un numero altissimo non ne conosceva i contenuti. E va bene che in 30 località ci sono i ballottaggi, ma l’ estate è scoppiata. E riuscire a portare alle urne il 50 per cento dei votanti e raggiungere il fatidico quorum appare un’ ardua impresa.

I quesiti
Sono tre, su schede di colore diverso. La legge attuale, proporzionale, prevede un premio di maggioranza da attribuire (su base nazionale alla Camera, regionale al Senato) o alla singola lista vincente o alla coalizione di liste. Il primi due quesiti propongono di eliminare la seconda possibilità. Chiedono infatti di cancellare il collegamento fra liste alla Camera (scheda viola) e al Senato (scheda beige chiaro) e il premio alla coalizione. Il terzo (scheda verde) chiede invece di abrogare le candidature plurime, cioè la possibilità, per la stessa persona, di candidarsi in più circoscrizioni.

Cosa cambia
Se passasse il sì alle prime due domande, il premio di maggioranza verrebbe attribuito alla singola lista vincente. E verrebbero innalzate le soglie di sbarramento, al 4% alla Camera, all’ 8% al Senato. Il sì alla terza domanda cancellerebbe invece i ripescaggi, che permettono all’ eletto in più circoscrizioni di decidere il destino degli altri, stabilendo dove ritirarsi. La porcata resterebbe però intatta: le liste rimarrebbero bloccate e scelte dall’ alto.

Referendum, si vota il 21 e 22 giugno. Le indicazioni del Viminale

 Le operazioni di voto si svolgeranno dalle ore 8 alle ore 22 della domenica e dalle ore 7 alle ore 15 del lunedì. I tre quesiti abrogativi riguardano la legge elettorale per Camera e Senato.

Domenica 21 giugno e lunedì 22 si svolgeranno le operazioni di voto per tre referendum popolari abrogativi. Lo ricorda il Viminale in una nota, spiegando che le operazioni di voto si svolgeranno contestualmente dalle ore 8 alle ore 22 della domenica e dalle ore 7 alle ore 15 del lunedì. Le operazioni di scrutinio avranno inizio nella stessa giornata di lunedì, al termine delle votazioni e dell’ accertamento del numero dei votanti, procedendo subito allo scrutinio delle schede referendarie.

I tre quesiti chiedono se abrogare alcune disposizioni dei testi unici per le elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Su ogni scheda referendaria vengono riportati il numero del referendum, la denominazione ed il quesito così come approvati dall’ Ufficio centrale per il referendum. Ciascun elettore ha diritto di esprimere il voto tracciando con la matita copiativa un segno sul riquadro corrispondente alla risposta da lui prescelta: Sì o No. Il ministero dell’ Interno ricorda che gli elettori, per poter esercitare il diritto di voto presso gli uffici elettorali di sezione nelle cui liste risultano iscritti, dovranno esibire, oltre ad un valido documento di riconoscimento, la tessera elettorale.

Per il Referendum 1 (scheda di colore viola), sull’ elezione della Camera dei Deputati, il quesito propone di abrogare la possibilità di collegamento tra liste e l’ attribuzione alla coalizione di liste più votata del premio di maggioranza nazionale. Alla Camera dei Deputati, in caso di vittoria del Sì, il premio di maggioranza verrebbe attribuito alla lista singola, non più alla coalizione di liste, che ottiene il maggior numero di voti validi nelle circoscrizioni del territorio nazionale.

Gheddafi ritarda all’ appuntamento. Gianfranco Fini cancella la visita dopo oltre due ore di attesa

 Il presidente della Camera annulla la visita di Muammar Gheddafi a Montecitorio dopo averlo atteso nel suo studio per due ore. “Un ritardo ingiustificato”, fa sapere Fini, che poi rende noto il discorso che avrebbe dovuto tenere davanti al leader libico: quattro cartelle di critiche sul rispetto dei diritti umani a Tripoli e sul discusso giudizio sugli Stati Uniti pronunciata da Gheddafi al Senato.

I preparativi per accogliere il leader libico alla Camera iniziano alle 15 (l’ incontro con Fini è fissato alle 16.30, il convegno con D’ Alema e Pisanu alle 17): piazza Monte Citorio off limits per passanti e turisti, grande dispiegamento di forze dell’ ordine fuori dal Palazzo, di commessi dentro.

Visti i precedenti (al Quirinale mercoledì si era presentato con oltre mezz’ ora di ritardo, al Senato con 50 minuti, all’ Università La Sapienza dopo due ore), già poco dopo le 16.30 si sparge la voce alla Camera che Gheddafi non arriverà prima delle 17.45. La Sala della Lupa è gremita di persone accreditate al convegno e Fini attende il rais nel suo studio con D’ Alema e Pisanu. Intorno alle 18, si sparge la voce tra i commessi che Gheddafi è ancora in camera.

Allo scoccare delle due ore di ritardo, la decisione. Presa in piena autonomia e assumendosene tutte le responsabilità. Fini comunica l’ annullamento del convegno alla Sala della Lupa che accoglie la notizia con un applauso di approvazione. E la ragione della terza carica dello Stato viene pienamente compresa anche dal premier Silvio Berlusconi, che Fini sente dopo aver raggiunto telefonicamente anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Una decisione giusta anche per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, e per il suo predecessore D’ Alema: “Per il decoro delle istituzioni e il rispetto delle personalità invitate la decisione di Fini è ineccepibile”. Prima di lasciare Montecitorio D’ Alema motiva il ritardo di Gheddafi con un malore e annuncia ai cronisti che insieme a Pisanu lo sta andando a trovare a Villa Doria Pamphili.

Il ritardo di Gheddafi assume i contorni di un giallo diplomatico. L’ ex ministro degli Esteri e Giuseppe Pisanu si sono poi recati a Villa Pamphili a trovare il leader libico Muammar Gheddafi.

“Abbiamo avuto con Gheddafi – ha spiegato D’ Alema – uno scambio di opinioni sui rapporti tra la Libia e l’ Italia. Gheddafi ha anche espresso rammarico per il mancato appuntamento organizzato dalle Fondazioni Italianieuropei e Medidea a Montecitorio”. Anche Giuseppe Pisanu ha riferito che il colonnello libico si è scusato.

Gianfranco Fini per il referendum: “Io vado certamente a votare. E auspico che gli italiani facciano altrettanto”

 “Quando Berlusconi decide una cosa è quella: il Pdl non conta nulla e ancora meno Fini che continua con questa menata del governo a trazione leghista”. Era il ministro leghista Calderoli a fare queste considerazioni, mentre i suoi compagni di partito Giorgietti e Salvini ridevano, pregustando l’ apoteosi della Lega alla manifestazione di Pontida del 14 giugno.

Il Cavaliere non ha avuto bisogno di riunire nessun organo del Pdl per decidere che il referendum elettorale è una roba archiviata. Lo ha deciso con Bossi e in una nota di Palazzo Chigi ha scritto che non appare opportuno un sostegno diretto al referendum del 21 giugno.

In cambio Bossi si impegnerà personalmente nei ballottaggi delle amministrative, senza avere più il timore di far scattare il quorum. Ma Fini non ci sta. “Io vado certamente a votare – è stata la reazione della terza carica dello Stato – e lo faccio convintamente. Ed è ovvio che auspico che gli italiani facciano altrettanto”.

Fini ha confidato ai suoi di essere sconcertato del dietrofront di Berlusconi che un mese fa aveva sposato la causa referendaria. Durante un viaggio a Varsavia, infatti, il premier aveva detto che sarebbe stato un masochista se non avesse votato. Visto che la vittoria del referendum porterebbe al bipartitismo, costringendo la Lega a presentarsi alle elezioni con il Pdl. Ciò che ha ulteriormente irritato Fini è che la decisione di Berlusconi non sia stata discussa nell’ ufficio di presidenza del partito.

Nel suo intervento al congresso fondativo del Pdl aveva invitato Berlusconi, che annuiva seduto in prima fila, a prendere una posizione chiara a favore del referendum. E il premier lo aveva accontentato, garantendo che tutte le decisioni sarebbero state prese in maniera collegiale, come si conviene in un partito democratico.