L’ attacco a Pierluigi Bersani, uomo di “apparato”, la polemica con Massimo D’ Alema che è l’ opposto del “progetto del Pd” e la preferenza a Dario Franceschini perché “simpatico” non potevano passare inosservati. L’ intervista a Debora Serracchiani apparsa su Repubblica scatena la prima vera polemica prcongressuale tra i sostenitori del segretario in carica e quelli dell’ ex ministro.
L’ outsider del Pd, diventata famosa per un intervento di pancia pronunciato durante una riunione dei circoli democratici lo scorso marzo, si schiera con Franceschini, polemizza con l’ ex ministro degli Esteri e divide in due il partito, secondo lo schema vecchio – nuovo già usato dal segretario la scorsa settimana.
Parole che immediatamente provocano la reazione del fronte opposto: “Serve un confronto serio – chiede Vasco Errani, schierato con Bersani – Chi conosce Bersani sa che certe rappresentazioni non sono vere: se pensiamo all’ apparato nell’ accezione contenuta nell’ intervista odierna della Serracchiani allora dico che Bersani è una cosa del tutto diversa”.
La Serracchiani viene criticata anche per aver spiegato di preferire Franceschini perché “più simpatico“. Nicola Zingaretti, presidente della provincia di Roma ha ironizzato: “Anche Totò e Tina Pica erano simpatici, sarebbero stati un ticket straordinario”. E Barbara Pollastrini aggiunge: “Potrei rispondere “sapete perché preferisco Bersani? perchè sa cantare…”. Ma per favore, non scherziamo! Cerchiamo di rispettarci di più e di saperci ascoltare”.
Walter Veltroni invita ad uscire allo scoperto coloro che vorrebbero un cambiamento al vertice del Pd. Ma Massimo D’Alema, l’ultimo presidente dei Ds, da più parti indicato come il mandante delle pressioni per il rinnovo della segreteria e delle critiche alla linea politica del segretario, si chiama fuori: non sono io a volere che Walter se ne vada. «Veltroni non si rivolge a me – sottolinea convinto D’Alema ai microfoni di Radiodue – perchè ci conosciamo da anni e lui sa che io sono una persona a volte spigolosa ma diretta e quindi se io ritenessi che lui deve lasciare la carica, lo direi prima di tutto a lui. Se non l’ho detto, non lo penso».