Il Pd ha già annunciato il pacchetto emendativo su cui si batterà in Parlamento affinché la politica economica del nostro paese intervenga sulle più grandi emergenze che la crisi finanziaria sta trasmettendo all’economia reale: detrazioni fiscali per le famiglie, a partire dalle tredicesime di dicembre; estensione dei meccanismi di protezione sociale a sostegno delle persone che rischiano la perdita del lavoro; estensione dei meccanismi di garanzia del credito per le piccole e medie imprese; una nuova politica delle infrastrutture di livello europeo, finanziata dal bilancio dell’Unione con l’emissione di eurobond.
Ma il Pd ha elaborato precise proposte e appositi emendamenti anche sui meccanismi introdotti nei decreti che permettono, sulla scorta di decisioni europee, l’intervento dello Stato nell’azionariato delle banche e nel mercato inter-bancario.
Promuoveremo un referendum per abrogare il decreto Gelmini sulla scuola. Questo l’annuncio fatto da Walter Veltroni a nome del PD ai giornalisti a poche ore dall’approvazione della legge al Senato. Una risposta all’intransigente arroganza del governo. Una risposta che non sarà solo un’iniziativa del Partito Democratico ma anche e soprattutto “una grande battaglia civile”.
Il decreto Gelmini (il 137 del 2008) è legge. Mentre Palazzo Madama resta presidiato da un’imponente presenza delle forze dell’ordine per fronteggiare le manifestazioni degli studenti, il Senato approva con 162 voti favorevoli, 134 contrari e 3 astenuti il provvedimento che porta il nome del ministro dell’Istruzione e che prevede, tra le altre cose, il ritorno dal 2009-2010 delle classi con il maestro unico nella scuola primaria e il voto in condotta che farà media con quelli conseguiti nelle altre materie (la scheda).
Quindici parlamentari esponenti dell’opposizione e della maggioranza chiamano a raccolta i colleghi per una iniziativa comune contro l’eliminazione delle preferenze nella riforma della legge elettorale per le europee. In una lettera inviata a tutti i deputati e senatori, i parlamentari giudicano infatti “inaccettabile” che, a pochi mesi dall’inizio della campagna elettorale, si cambino le regole del gioco “per la sola volontà ed interesse della maggioranza ignorando le opinioni espresse da tutte le opposizioni, ma anche da alcune componenti di maggioranza”.
«Non ci sarà nessun cambiamento nell’azione di governo e della maggioranza – ha dichiarato Berlusconi dopo la manifestazione del PD a Roma – perché questa è una manifestazione per uso interno alla sinistra. Interna corporis, per le loro divisioni e per marciare contro il governo». Ai leader del centrosinistra, che ricordano a Berlusconi di essere sceso in piazza nel 2006, il premier ribatte: «Noi andammo sulla piazza per la prima ed unica volta, perché eravamo disperati, perché nessuno ci stava ad ascoltare, per dire al governo che era insostenibile la pressione fiscale e per chiedere che fossero ricontate le schede elettorali convinti come eravamo e come lo siamo che ci avessero sottratto la vittoria». «Non c’era allora nessuna divisione dei poteri – aggiunge – io come leader dell’opposizione non sapevo a chi rivolgermi, tutte le istituzioni erano dalla loro parte. Comunque per noi quella fu una manifestazione serena e spero lo sia anche per loro, e proprio quella volta nacque il Pdl».
Quella di oggi, diciamocelo con orgoglio, è la prima grande manifestazione di massa del riformismo italiano, finalmente unito. E lo è perché il Partito Democratico è il più grande partito riformista che la storia d’Italia abbia mai conosciuto.