Censura su Internet: in Cina, ma non solo. Rischio anche in Occidente

di isayblog4 313 views0

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Campagna dell’ organizzazione internazionale Reporter senza Frontiere: Cina in testa ma anche Australia e Corea del Sud esercitano un controllo rigido sulla comunicazione via web. Un tasto speciale, “ctrl”, ovvero “control”, riprodotto in maniera ossessiva su tutta la tastiera del computer. Reporter senza Frontiere presenta con questa immagine la nuova campagna contro la censura su Internet. Il “controllo” è quello totale e assoluto esercitato dai regimi dittatoriali sulle informazioni circolanti in rete. Ma, secondo quanto denuncia l’ organizzazione internazionale per la difesa della, anche alcuni paesi democratici hanno adottato misure preoccupanti. Per questo Rsf, oltre a denunciare le gravissime violazioni della libertà da parte dei dodici “nemici di Internet” (Arabia Saudita, Birmania, Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran, Uzbekistan, Siria, Tunisia, Turkmenistan e Vietnam), ha deciso di mettere “sotto vigilanza” altri undici governi, nel timore che gli abusi si possano estendere in altre aree del mondo.

Le democrazie sotto osservazione sono quella australiana e la sud – coreana. Nel gennaio 2008, il Parlamento australiano ha esaminato un progetto di legge che esige che i provider di Internet creino sempre due collegamenti in ogni casa, uno per gli adulti e un altro per i bambini, entrambi sottomessi a un filtro rigido e segreto. Il progetto è considerato da Rsf come un grave attentato alla confidenzialità della corrispondenza privata, perché viene presentato in un momento in cui la legislazione contro il terrorismo permette già a un’ agenzia indipendente del governo di intercettare qualunque messaggio e – mail sospetto e di compiere indagini sugli internauti anche in assenza di un’ autorizzazione giudiziaria.

Anche in Corea del Sud, secondo Reporter senza Frontiere, sono state adottate misure “sproporzionate” per regolare l’ accesso alla rete. Il 7 gennaio scorso è stato arrestato un blogger con l’ accusa di aver messo in pericolo “gli scambi economici sui mercati”, così come “la credibilità della nazione” con la pubblicazione di alcuni articoli su uno dei forum di dibattito più importanti del paese. Attualmente, denuncia l’ organizzazione per la libertà di stampa, nel mondo ci sono 69 ciberdissidenti in carcere: in vetta alla lista nera, ancora una volta, la Cina, seguita da Vietnam e Iran. I dodici paesi indicati come “nemici di Internet” secondo Rsf hanno trasformato le loro reti in Intranet, impedendo agli internauti di accedere a quelle informazioni che i governi considerano “indesiderabili”. Oltre a censurare, i regimi dimostrano anche grande efficacia nella repressione, spesso giustificata con la necessità di difendere la “sicurezza nazionale”.

Accusate di aver collaborato spesso con i regimi censori – anche loro malgrado, per le fortissime pressioni dei governi – alcune delle grandi imprese globali di Internet hanno reagito con coraggio nei mesi scorsi: Google, Yahoo e Microsoft hanno aderito alla fine del 2008 ai principi del “Global Network Initiative”, affermando pubblicamente la volontà di rispettare la libertà di espressione dei loro clienti in tutto il mondo. Una dichiarazione di principio che si spera possa diventare realtà. Per questo nei giorni scorsi Rsf ha lanciato insieme ad Amnesty International un appello ai direttori generali delle tre compagnie, chiedendo che, nella giornata mondiale contro la cyber – censura, diano un segnale forte a difesa della libertà d’ espressione.

da “La Repubblica”

Nota: l’ immagine è il simbolo della campagna di Rsf

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