No al piano Bush. Borse in picchiata

di isayblog4 16 views0

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La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha bocciato il pacchetto da 700 miliardi di dollari approntato dal Tesoro per salvare il sistema finanziario americano. E’ mancato il quorum per un pugno di voti. I contrari sono stati 228, i favorevoli 205. Per far passare il provvedimento erano necessari 218 voti favorevoli. La notizia ha fatto sprofondare Wall Street: il Dow Jones ha chiuso in calo del 5,8% a quota 10.486,43 mentre il Nasdaq ha lasciato sul terreno il 9,14% a 1.983,73 punti e lo S&P500 è arretrato del 7,34% a 1.123,94. E nelle contrattazioni after hours gli indici hanno continuato a scendere: il Dow Jones ha ceduto 738,42 punti cioè il 6,63% attestandosi a quota 10.404,71 e segnando la maggiore perdita della storia in termini di punti in una sola giornata e il peggior calo in termini percentuali dagli attacchi dell’11 settembre 2001 mentre lo S&P500 ha perso l’8,12% a 1.114,48 punti. Chiusura in forte calo anche per il greggio: a New York il prezzo del barile per consegna novembre ha perso 10,52 dollari a quota 96,36. Attualmente i prezzi del petrolio sono di circa il 34% inferiori al record assoluto di 147,27 dollari toccato lo scorso 11 luglio.

Subito dopo il voto della Camera, il piano di salvataggio è rimasto per qualche minuto di fatto congelato: in molti hanno cercato di convincere, aggrappandosi a tecnicismi procedurali, chi aveva votato contro a cambiare idea. Ma non c’è stato nulla da fare. Vano l’ennesimo appello del presidente Bush in mattinata: “Il Congresso potrà mandare un forte messaggio ai mercati approvando prontamente il piano di salvataggio”. Subito dopo la bocciatura del piano, un Bush “molto contrariato”, ha convocato il suo staff nello Studio Ovale. E il segretario al Tesoro Henry Paulson, che ha incontrato il presidente della Fed Ben Bernanke, si è immediatamente detto pronto “a usare tutti gli strumenti a disposizione per proteggere i mercati e l’economia”. La Camera è stata riconvocata per giovedì. La maggiore opposizione al piano è venuta dai deputati repubblicani, cioè dal partito del presidente Bush. I repubblicani sono preoccupati dal voto imminente di novembre: tutti i membri della Camera devono sottoporsi al giudizio degli elettori e sono quindi molto sensibili agli umori dei loro collegi elettorali, umori che sono chiaramente contrari al piano. Gran parte degli elettori sono convinti che il piano, che costerà 700 miliardi di dollari ai contribuenti, miri infatti a salvare le grandi compagnie di Wall Street ma faccia ben poco per i piccoli risparmiatori e per chi non è più in grado di pagare i mutui delle case.

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