Draghi: L’Italia può tornare a crescere, ma le tasse vanno ridotte

di isayblog4 20 views0

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Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi fa l’ analisi dello stato di salute dell’economia e dei conti pubblici e spiega che la debolezza dell’economia internazionale proseguirà “almeno per l’anno in corso” ma il Paese “ha desiderio, ambizione, risorse per tornare a crescere”.
Una crescita senza la quale sarà difficile migliorare i risultati dei conti pubblici che quest’anno “si prospettano meno favorevoli”.
E i protagonisti della rinascita italiana dovranno essere i giovani, aggiunge Draghi, “oggi mortificati da un’istruzione inadeguata, da un mercato del lavoro che li discrimina a favore dei più anziani, da un’organizzazione produttiva che troppo spesso non premia il merito e non valorizza le capacità”.
Quindi, indica cause e ricette: innanzitutto il contenimento della spesa che va ridotta rispetto al pil e i criteri da seguire sono “efficienza e crescita” senza i quali il risanamento dei conti pubblici viene reso più difficile, ma anche un fisco troppo pesante – 3 punti sopra la media europea, molto di più rispetto ad altri Paesi come Usa e Giappone – per il quale è necessario un piano per la “pluriennale riduzione di alcune importanti aliquote d’imposta” che “migliorerebbe le aspettative di famiglie e imprese”.

Lo spettro della crisi scatenata dai mutui subprime non si é ancora diradato: “Non si sono ancora ripristinate condizioni di normalità”, dice Draghi spiegando che si addensano nuove nubi, quelle del rialzo dei prezzi, che limano il reddito disponibile delle famiglie, ma il Paese, insiste, “ha una storia a testimoniare che non c’è niente di ineluttabile nella crisi di crescita che da anni lo paralizza”, ha risorse per tornare a crescere e “sa che lo sviluppo è nel tempo condizione essenziale per la stabilità finanziaria”.
“I risultati per l’anno in corso si prospettano meno favorevoli”, sottolinea quindi Draghi, ripetendo le ultime stime di governo (deficit 2008 al 2,4%, crescita a +0,6%). Lo scorso anno i conti sono certo migliorati, ma “la riduzione del disavanzo è dovuta soprattutto al forte aumento della pressione fiscale: 2,8 punti percentuali tra il 2005 e il 2007”.
E a mettere sabbia nella capacità competitiva c’è il fisco: il suo peso è al 43,3%, tre punti sopra gli altri Paesi europei. Il confronto è ancora più impressionante se si guarda il costo del lavoro: fatto 100 l’esborso delle imprese, in Italia c’é un prelievo di fisco e contributi pari a 46 euro, nei Paesi dell’area dell’Euro é di 43 euro, nel Regno Unito di 34 euro, negli Usa di 30. “E l’Irap – osserva- accresce ulteriormente il divario”.

Anche sulle imprese il prelievo è 8 punti sopra la media Ue. L’intenzione del Governo “di definire in tempi brevi” gli interventi per un intero triennio, secondo Draghi, “può rendere più organica l’azione di bilancio”.
In questo contesto, definire la riduzione “pluriennale di alcune importanti aliquote d’imposta migliorerebbe le aspettative di famiglie e imprese” e gli sgravi dovrebbero essere concentrati “laddove possono dare maggiore sostegno alla crescita, riducendo le distorsioni dell’attività economica”.

C’è poi il capitolo pensioni: il 30% dei pensionati ha meno di 65 anni e solo il 19% degli italiani tra i 60 e i 64 anni lavora, contro il 33% di spagnoli e tedeschi, e il 45% dei britannici. Bisogna allora “rimuovere i vincoli e i disincentivi al proseguimento dell’attività lavorativa, cancellando gli ultimi divieti al cumulo con i redditi da pensione e incoraggiando forme flessibili di impiego”.
Infine, uno sguardo anche all’ energia che rappresenta il “principale elemento di preoccupazione” visto il continuo aumento dei prezzi dell’energia e di altre materie prime”. “Questi rincari – prosegue Draghi – se da un lato riflettono in parte le prospettive ancora robuste di crescita delle economie emergenti, dall’altro – spiega – imprimono ulteriori impulsi recessivi alle economie avanzate e alimentano l’inflazione, condizionando le politiche monetarie”.

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