Gianfranco Fini: “No alle politiche razziste. Gli immigrati sono persone. Il Pdl si smarchi, no ai colpi leghisti”.

 Fini sceglie la festa del Pd di Genova per il rientro sulla scena politica dopo la pausa estiva: è un Fini che decide di spogliarsi dei panni del presidente della Camera e invita il Pdl, di cui è co – fondatore, a non fotocopiare le politiche della Lega.

L’ affondo nei confronti del Carroccio è sull’ immigrazione, ma a ben guardare l’ intervento del presidente della Camera è tutto teso a ridimensionare il ruolo della Lega, perchè su temi delicati il Pdl non può limitarsi a copiare le camicie verdi. Il tema dell’ immigrazione, afferma infatti Fini, non va affrontato né con un approccio segnato dall’ emotività, né guidato solo dalla pur necessaria volontà di garantire la sicurezza dei cittadini, perché questo rappresenterebbe un approccio parziale, miope e sbagliato.

“È positivo – dice il presidente della Camera – che la Lega abbia smentito la Padania, dicendo che il Concordato non c’ entra nulla: e ci mancherebbe”. Eppure, l’ attacco al Carroccio va avanti. La Lega Nord, sostiene Fini, “non può affrontare il problema dell’ immigrazione guardando nello specchietto retrovisore, ho l’ impressione che a volte accada questo”.

“Ripugna la coscienza – aggiunge poi il presidente della Camera – non considerare che chi arriva in Italia, regolare o no, è prima di tutto una persona. Se si parte dal presupposto che è una persona alcune politiche non dovevano essere inserite in un provvedimento legislativo”, ha aggiunto Fini, ribadendo che serve una linea fermissima contro le politiche discriminatorie e vagamente razziste.

Soprattutto, per Fini la Chiesa lancia messaggi di carattere universale anche sul tema dell’ immigrazione e la stessa conferenza episcopale si rifà a prese di posizione ufficiali che sono valide per tutti i cristiani nel mondo. Non si può piegare alla propaganda quotidiana, al livello di un comizietto di periferia il messaggio che viene da quella sede.

No alla secessione leghista: da Nord a Sud, all’ unisono le proteste al nutrito menù agostano del partito di Bossi

 Inno di Mameli, dialetto, bandiera tricolore, gabbie salariali: il ricco menu agostano presentato dalla Lega indigna un po’ tutti nel Pdl, nel Pd e nella società e guadagna al partito padano un nutrito mazzo di altolà. Da Ciampi a Cicchitto, che parla a nome del Pdl e fa l’ elenco del programma di governo, a Flc Cgil: “Ci opporremo alla secessione leghista”.

A cominciare da quello di un ex presidente della Repubblica del calibro di Carlo Azeglio Ciampi, che in un’ intervista a Repubblica risponde senza esitazioni: “Il vero scopo della Lega – dice – è la secessione, ma credo che la maggioranza degli italiani e anche gran parte dell’ attuale maggioranza di governo la secessione non la voglia”.

Ciampi spiega di provare tristezza nel sentire certe frasi che mettono in cattiva luce l’ Italia: “Ripenso a quanti sforzi abbiamo fatto per il Paese. Non voglio fare polemica perché tra me e la Lega c’ è una enorme distanza, ma non posso nascondere il mio disagio. Anche perché sono manifestazioni che vengono da personaggi che rappresentano le Istituzioni. (…) Arrivano dal Governo, che è stato votato dagli italiani. Non c’ è dubbio che esercitano un diritto che viene loro dall’ investitura popolare. Ma questo non mi impedisce di dire che c’ è un senso diffuso di amarezza per questo modo di intendere la funzione di governo”.

“Sarebbe meglio che mi imponessi di non parlare – prosegue l’ ex Capo dello stato – perché l’ amarezza è troppo grande. Ma attenzione: ho quasi 89 anni, possiamo dire che faccio parte della categoria dei vegliardi, eppure mi sento di affermare che i valori fondamentali della nostra Nazione terranno. Sono convinto che le nuove generazioni sono una risorsa ricca di ottimismo e di fedeltà ai valori di base”.

Le gabbie salariali vanno fatte. Proviamo a dire perché

 La necessità di commisurare il reddito dei lavoratori al costo della vita delle loro comunità non dovrebbe apparire uno scandalo, ma potrebbe, anzi, essere il segno di una grande riscossa delle regioni meridionali, qualunque cosa ne pensi il Presidente della Regione Calabria Agazio Loiero che, evidentemente, non ha compreso lo spirito del federalismo.

Il mondo del lavoro con il quale ho modo di confrontarmi più direttamente è, per ovvie ragioni, quello dell’ agricoltura. Ebbene, il contratto nazionale per gli operai agricoli e florovivaisti, che è stato firmato il 6 luglio 2006, prevede la possibilità di ulteriori contrattazioni a livello provinciale.

Infatti a seguire sono stati firmati ulteriori contratti su base provinciale che normano la parte retributiva a partire dai minimi nazionali. Si tratta di 365.000 lavoratori dipendenti. Dunque una retribuzione diversa tra le varie zone del Paese esiste già, e non solo nel settore agricolo. La Lega vuole razionalizzarla. E con gli altri alleati di governo lo farà.

Del resto le riforme federaliste fin qui approvate sono state, in modi diversi, condivise da una larga maggioranza. Ricordo che il Partito Democratico si è astenuto sul federalismo fiscale.