Sulle intercettazioni, interpellanza al Ministro della Giustizia da Antonio Di Pietro

di isayblog4 11 views0

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Poco fa ho presentato, presso la Camera del Deputati, un’interpellanza urgente rivolta al Ministro della Giustizia Alfano in relazione al tema delle intercettazioni telefoniche. Riporto di seguito il rapporto stenografico dell’intervento:

“Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, noi del gruppo dell’Italia dei Valori abbiamo presentato questa interpellanza urgente, perché siamo tra quelli che pensano che le interpellanze si debbano presentare prima, non dopo che il fatto è accaduto, in quanto, dopo che il fatto è accaduto, si può solo piangere sul latte versato.
Dico ciò, perché ho già sentito dire nei corridoi o anche in affermazioni pubbliche da parte di rappresentanti del Governo frasi del tipo: «Non abbiamo ancora approvato niente, di che cosa vi lamentate?»
In realtà, noi non ci lamentiamo; noi interroghiamo e lo facciamo, perché ce lo consente il Regolamento della Camera dei deputati, laddove afferma e spiega che l’interpellanza va rivolta, per iscritto, ogni volta che un gruppo o un parlamentare vuole conoscere gli intendimenti della condotta del Governo. Noi vorremmo proprio conoscerne gli intendimenti e vorremmo una risposta nel merito, non il rinvio ad un giorno successivo a venerdì, perché, dopo tale data, il danno è fatto. Vorremmo, cioè, che si rifletta insieme nel merito e prima di adottare il provvedimento sul fatto se quest’ultimo serva al Paese o serva a chi.
L’interpellanza urgente che abbiamo presentato – lo ripeto – è volta a sapere se è vero o no che il Governo intende modificare le procedure per le intercettazioni telefoniche; se è vero o no che, modificando queste procedure, intende attenersi a ciò che formalmente, ufficialmente – non nel bar dietro l’angolo – ha riferito il Presidente del Consiglio, che è tale per 24 ore al giorno, non soltanto quando sta seduto a Palazzo Chigi o quando si trova all’associazione dei giovani industriali o quant’altro. Quando egli afferma di volere fare qualcosa come Presidente del Consiglio, le sue parole le prendiamo per oro colato (forse sbagliamo troppo quando pensiamo a questo Presidente del Consiglio).
Non era di sera tardi, ma di prima mattina, quando egli ha affermato testualmente che intende, al più presto, adottare un provvedimento, insieme al suo Governo, impegnando la sua maggioranza, per prevedere un divieto assoluto – non di commettere reati, non quello – ma di ordinare, eseguire e diffondere intercettazioni telefoniche, salvo che per inchieste riguardanti camorra, mafia, ‘ndrangheta e terrorismo.
Cerchiamo di capire: il divieto assoluto riguarda l’ordinare, l’eseguire ed il diffondere intercettazioni telefoniche. Vorrei ricordare a me stesso (non posso certo ricordarlo al rappresentante del Governo che io conosco bene, perché abbiamo un passato insieme negli stessi uffici giudiziari di Milano e quindi sa quanto me – o io so per averlo appreso da lui – cosa sono) che le intercettazioni telefoniche sono testualmente un mezzo di ricerca della prova e sono strumenti che servono all’autorità giudiziaria per individuare – dice la legge – ed assicurare al processo elementi utili sui fatti che si riferiscono all’imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena. Pertanto, l’intercettazione telefonica è come il bisturi in sala operatoria, uno degli strumenti di cui il chirurgo ha bisogno per intervenire. E il chirurgo, in sala operatoria, ha bisogno di intervenire con il bisturi non solo, quando c’è una metastasi – ossia un’associazione criminale – ma anche quando c’è un intervento specifico che riguarda una grave malattia ossia un grave reato.
Mi permetta di pregarla, signor sottosegretario, di riferire al Presidente del Consiglio – dal momento che lei lo sa bene – che i reati associativi a cui lui si è riferito quali camorra, terrorismo, ‘ndrangheta e mafia sono reati che intanto hanno ragion d’essere, intanto possono essere scoperti, in tanto possono essere contestati, in quanto, a monte o a valle, esistono dei reati specifici che vengono commessi. Ossia una associazione si organizza per commettere tutta una serie di reati.
Allora, quando il pubblico ministero vede una sparatoria e ci scappa il morto, come fa a sapere che quel morto è stato sparato, perché dietro c’era un marito tradito e non un’associazione a delinquere di tipo criminale, se non fa le indagini per saperlo?
Ogni reato, ogni associazione a delinquere ha bisogno, per poter vivere, di una serie di reati che vengono commessi e l’associazione a delinquere è il risultato di un’indagine. Solo a seguito di una serie di investigazioni, che si fanno su una serie di reati commessi dalle stesse persone, in associazione tra di loro, si può dire che c’è l’associazione a delinquere.
Insomma, lei mi insegna che l’associazione a delinquere è il momento finale di un accertamento istruttorio, non il momento iniziale. E se è il momento finale di un accertamento istruttorio, come faccio a fare le indagini, se uno dei mezzi fondamentali della prova per accertare il reato per cui, poi, posso contestare l’associazione a delinquere, l’intercettazione telefonica, mi viene tolto?
Ecco perché interveniamo prima: per cercare di invitare alla ragione chi sta adottando questo provvedimento. Non può essere questa la ragione! Non si possono limitare le intercettazioni ai soli reati associativi; bisogna, invece, prevederle per tutta quella serie di reati gravi già previsti dall’articolo 266 del codice di procedura penale. Esso non dice che si può procedere a intercettazioni nei confronti di tutti i reati, ma per i delitti non colposi (per quelli per i quali è previsto l’ergastolo, naturalmente, ma anche per quelli con pena superiore a cinque anni), per i delitti contro la pubblica amministrazione (come la corruzione e la concussione, per i quali si vorrebbe eliminare la possibilità di utilizzare le intercettazioni), per i delitti concernenti sostanze stupefacenti e psicotrope, per i delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive, per i delitti di contrabbando e anche per i reati di ingiuria, minacce e molestie a mezzo telefono. Come faccio a scoprirli, se non faccio le intercettazioni?
Insomma, la norma già adesso fornisce dei precisi parametri e paletti di riferimento. Ci sono dei delitti che possono essere commessi da singoli o da associati, ma sono gravi e così tanto gravi che è bene che tra i mezzi istruttori siano permesse anche le intercettazioni.
Le garanzie affinché esse vengano fatte nel rispetto della legge sono già previste adesso dalla stessa, perché si prevede come presupposto, primo, che vi sia un’assoluta indispensabilità per le indagini; secondo, che vi sia la sussistenza di gravi indizi circa il reato commesso.
C’è già un giudice, un organo di garanzia che valida tutto questo. Diciamo subito le cose come stanno: chiediamo formalmente, adesso e prima del tempo, che, nell’intendimento del Governo, che dovrà esprimersi nei prossimi giorni, vi sia un ripensamento operoso rispetto all’azzardata e avventata affermazione fatta dal Presidente del Consiglio, che vuole eliminare le intercettazioni in questi casi.”

Antonio Di Pietro

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