Il presidente della Camera legge nel risultato referendario un significato politico assai legato al momento politico attuale: “Sbaglieremmo se dicessimo che oggi non è accaduto nulla, che era tutto prevedibile, spiega Gianfranco Fini. Anzi, la scarsa partecipazione al referendum rappresenta un campanello d’ allarme, un segnale che gli italiani stanno lanciando alle classi dirigenti e che noi dobbiamo cogliere, per mettere in campo le contromisure necessarie per riappassionare gli italiani alla politica”. Di fronte alla dichiarazione, il coordinatore del Pdl Denis Verdini alza le spalle: è solo che “la materia della legge elettorale alla gente interessa poco”.
Il quorum, indispensabile per un quesito abrogativo, non è stato raggiunto, come in molti speravano o temevano e come accade da 14 anni. Mai l’ affluenza è stata così bassa. Per le tre schede da mettere nell’ urna è andata ai seggi una media di poco superiore al 23 per cento di italiani. E poco consola i referendari Mario Segni e Giovanni Guzzetta che, poi, di quella quota insufficiente di italiani oltre l’ 80 per cento si sia orientata per il sì.
E poiché si trattava di modificare l’ assegnazione del premio di maggioranza, alle liste e non alle coalizioni, il più entusiasta dell’ esito è Pier Ferdinando Casini, gli italiani hanno detto un secco no al bipartitismo.
Naturalmente, difficile che da un esito referendario a così bassa partecipazione si possa trarre come conseguenza una valutazione dei cittadini sull’ attuale legge elettorale, anche se qua e là, trasversalmente nei partiti, c’ è chi solleva il problema. Per ora, tutti sono all’ attacco dell’istituto referendario.
Sorridono Berlusconi e Di Pietro. Nemici giurati ma, stavolta, accomunati dal segno più. Non ride il Pd che ha di che guardare con preoccupazione alla sua seconda grande prova elettorale. Molto deboli i segni di risveglio della sinistra radicale, mentre i centristi dell’Udc calano. Bene invece la Lega che rafforza il peso nel Nord del Paese. Sono queste le prime indicazioni che arrivano dal primo sondaggio sulle elezioni europee dell’anno prossimo realizzato da Ipr marketing per Repubblica.it. Una rilevazione fatta a sei mesi dal voto di giugno in attesa dell’eventuale varo della legge, voluta dal Pdl, che propone uno sbarramento al 5%. Soglia che taglierebbe fuori molti piccoli partiti.
Inizia alla Commissione Affari costituzionali della Camera la discussione sulla modifica della legge elettorale per le elezioni europee che si terranno nella prossima primavera.
L’intervista del leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, a ‘Il Messaggero’