Un nuovo deliro di onnipotenza. Tutto va bene, tutto è migliore di prima. Abbiamo fatto questo, fatto quest’altro e continuiamo a promettere di fare altro ancora. Insomma il solito Berlusconi che davanti le telecamere ed evitando ogni confronto possibile, dà il resoconto di fine anno di quanto sia stato bravo e di quanto lo sarà anche il prossimo anno. Un copione sbagliato, trito che ormai non incanta più nessuno ma che evidenzia gli ultimi colpi a salve del declino del berlusconismo.
Nei 46 minuti del suo discorso, Berlusconi ha elencato tutte le manovre compiute e poi promesso nuove riforme come quella della giustizia, alla ripresa dei lavori parlamentari e con il prossimo Cdm, più la riforma degli ammortizzatori sociali. Ma non solo. Il ritorno al nucleare e il riavvio delle grandi opere. E soprattutto ottimismo, tanto ottimismo, come la cura per risolvere ogni male. Del resto, la colpa della crisi a suo giudizio è dell’opposizione e dei giornalisti perché sono troppo pessimisti.
Il colpo di scena questa volta è la promessa della riforma dell’interno ordinamento e il passaggio al presidenzialismo. Peccato che solo l’indomani della dichiarazione choc è arrivata subito la prima smentita da parte della Lega che con Bossi prima e Calderoli poi hanno bocciato le proposte del premier. “Il presidenzialismo? E’ un’idea che ha sempre avuto Berlusconi. Noi non abbiamo mai pensato al presidenzialismo”. Così il ministro per le Rforme che ha aggiunto “ora pensiamo al federalismo poi vediamo…”. “Presidenzialismo? Io con ‘ismo’ conosco solo il federalismo”, ha chiosato invece con una battuta il ministro della Semplificazione normativa.
“Veltroni ha già la risposta alla domanda che ha posto al suo partito sulla scelta tra innovazione o fallimento.” Lo ha dichiarato il presidente del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, che ha osservato: “Il Pd ha scelto il fallimento. Non ha più una linea su nulla. Travolto dalla questione morale che dimostra la scarsa tenuta del partito soprattutto sul territorio, il Pd non sa che linea seguire sulla riforma della giustizia, non sa dove collocarsi in Europa dove pure essendo un partito di sinistra finge di prendere le distanze dai socialisti europei, non ha indicazioni chiare su tutti gli argomenti principali sul tappeto. E’ dilaniato da una lotta di potere tipica degli apparati in uno stato di decadenza. Pertanto la strada dell’innovazione è preclusa ad un partito che sta scendendo rapidamente verso il baratro del fallimento. E Veltroni è uno dei massimi responsabili di questo risultato favorito dalla politica dell’insulto, dell’aggressione nei confronti del centrodestra, della subordinazione a neofiti della politica come Di Pietro, che perseguono soltanto posizioni estremistiche e di rendita.
Uno degli interventi più attesi alla Direzione Nazionale era quello di Massimo D’Alema. L’ex vicepremier ha parlato del Pd come di un progetto che «in questi mesi si è appannato», di «un amalgama fin qui malriuscito». Per D’Alema le difficoltà non dipendono dalle vicende giudiziarie, «nè fanno scoppiare una questione morale. La destra ha più vicende giudiziarie di noi, ma non si presenta come una forza colpita, perchè appare aver risolto il problema del suo rapporto politico con la società italiana. Quindi le nostre difficoltà erano di carattere politico». Tuttavia le cose possono cambiare: «Da questa riunione – ha sottolineato l’ultimo presidente dei Ds – ci si aspettava o uno scatto in avanti o un ulteriore segnale di disgregamento. Mi sembra che ci sono tutte le condizioni per un riavvio, a partire dalla relazione di Veltroni che indica alcune fondamentali scelte di carattere programmatico». Ma con quali rapporti con la maggioranza e con il resto dell’opposizione? D’Alema non ha dubbi: il dialogo con chi sta al governo, per una grande forza riformista, è indispensabile, perlomeno sui grandi temi che riguardano il futuro del Paese («deve essere un apporto di confronto e di sfida e dobbiamo fissare noi l’agenda»).
Una lunghissima riunione del coordinamento: tre ore di analisi per uscire dall’angolo. Walter Veltroni ora guarda a un altro giorno difficile, quello di domani quando si riunisce la direzione. All’emergenza si risponde scegliendo un metodo che tenga insieme tutte le anime del Pd: il segretario ha ascoltato i membri dell’esecutivo, oggi sentirà altri dirigenti nazionali e locali, poi scriverà una relazione “unitaria”, spiega il portavoce Andrea Orlando.
“In Abruzzo insieme al presidente Gianni Chiodi ha vinto il Popolo della Libertà”. Lo ha dichiarato Gaetano Quagliariello, vicepresidente vicario dei senatori del Pdl. “Dopo le elezioni del 13 e 14 aprile noi abbiamo creduto nella strada intrapresa e siamo andati avanti. Gli elettori ci hanno premiato, perché il dato che si sta consolidando attesta il Pdl e le liste in transizione verso il Pdl, i cui eletti confluiranno nello stesso gruppo consiliare, attorno al 46%, a fronte del 41,6% delle politiche e del 30% delle scorse elezioni regionali. Chi come il Pd ha scelto di tornare indietro, riproponendo una coalizione rissosa e succube di forze che disprezzano le istituzioni, è stato sonoramente sconfitto.