Mosca. La Corte suprema ha ordinato la riapertura del processo per l’ omicidio della giornalista Anna Politkovskaia

di isayblog4 11 views0

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La Corte ha accolto il ricorso della procura, presentato dopo che lo scorso febbraio una corte militare integrata da giudici popolari aveva assolto all’ unanimità i tre imputati dell’ omicidio – tutti ceceni – della giornalista, uccisa nell’ ascensore della sua abitazione a Mosca il 7 ottobre 2006. Ha annullato così la sentenza di assoluzione per le tre persone accusate dell’ omicidio di Anna Politkovskaia.

I tre imputati sono l’ ex dirigente della polizia moscovita Serghei Khadzhikurbanov, accusato di essere l’ organizzatore logistico del delitto, e dei fratelli Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, presunti pedinatori della vittima (un terzo fratello, Rustan, è ricercato all’ estero come presunto killer). Khadzhikurbanov si trova in carcere perché arrestato poco dopo l’ assoluzione per una vicenda di estorsione, mentre non è noto dove si trovino i due fratelli Makhmudov.

La sentenza assolutoria di primo grado, che aveva suscitato proteste e indignazione in tutto il mondo, è stata annullata per vizi procedurali. Nel frattempo la procura, che aveva presentato ricorso (i familiari della vittima invece avevano rinunciato) aveva già avviato nuove indagini, anche nel tentativo di individuare il mandante e di catturare il killer, che avevano reso monco il processo.

Il dibattimento, come l’ inchiesta, avvelenata da depistaggi e fughe di notizie, era partita subito male: il presidente aveva tentato di tenerlo a porte chiuse nascondendosi dietro una inesistente richiesta dei giurati per motivi di sicurezza. Ma la prosecuzione non era stata incoraggiante: valzer di giurati, incongruenze e contraddizioni investigative, sparizioni di prove, varie udienze senza stampa per la citazione di presunti documenti segreti. Opacità rilevate anche da Reporters sans Frontieres, secondo cui l’ assoluzione è la conseguenza di una inchiesta incompleta e trasmessa prematuramente alla giustizia.

La difesa aveva insistito in particolare sul fatto che non erano state trovate tracce del dna degli imputati sull’ arma del delitto e che i tabulati telefonici non permettevano di concludere che gli accusati erano presenti sul luogo dell’ omicidio.

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